«Potete respingere, non riportare indietro, noi siamo solo andata», scrive Erri De Luca raccontando di migranti, quindi si rassegnino Meloni e Salvini: certi fenomeni di massa come le migrazioni non si fermano nemmeno con le cannonate, anche se pure queste sono state più volte evocate dalla magnifica coppia oggi al governo del Paese.
Novantaquattro morti accertati
In realtà quelli che scappano dall’inferno non c’è bisogno di sparargli per ucciderli, spesso infatti ci pensano il mare e l’inerzia degli uomini ad ammazzarli. Come sulla spiaggia di Cutro un anno fa, lì ne morirono 94 (accertati), nel mare nero e in burrasca della notte, con la beffa di essere a un passo dalla salvezza. In quella occasione si consumarono due pagine differenti della nostra storia recentissima, da una parte il senso di appartenenza all’umanità mostrato dalla popolazione calabrese nel soccorrere i sopravvissuti, dall’altra l’ignominia di chi comanda, tutti mostratisi incapaci di celare l’indifferenza davanti alla tragedia e al tempo stesso impegnati nel tentativo di spiegare che quelle morti non erano colpa del governo, al massimo di chi a tutti i costi era voluto partire, insomma che se l’erano cercata.
Cutro 1 anno dopo: la Rete della memoria
Dopo un anno da quella tragedia, stemperatosi il dolore e dileguatasi l’emozione, c’è chi conta sull’oblio della memoria per nascondere le proprie promesse mancate e c’è chi invece con tenacia e coraggio tiene viva l’attenzione su quanto avvenuto su quella spiaggia. È il caso della Rete 26 Febbraio, la cui portavoce Manuelita Scigliano racconta quanto accaduto nel corso di questo anno e cosa sarà fatto per non dimenticare. La Rete ha mantenuto i contatti con tutti i circa ottanta sopravvissuti, alcuni dei quali sono rimasti in Calabria, precisamente nella provincia di Cosenza, ospiti di strutture per migranti, uno di loro, un iraniano, è rimasto a Crotone.
La maggior parte invece è stata trasferita lontano, in base agli accordi raggiunti con l’Europa circa il loro ricollocamento. «Molti sono in un campo profughi di Amburgo – racconta la portavoce della Rete – e vivono una condizione di grande sofferenza, anche per la precarietà della loro condizione».
La maggior parte infatti resta ancora in attesa dei documenti circa il loro status di rifugiati e chi lo ha attenuto se lo vedrà scadere nel 2024, con grande incertezza per il futuro. Ma questo anno è stato pure il tempo dell’oblio in cui fare morire le promesse. Dopo la tragedia, sulla spinta della potente emozione, i sopravvissuti furono ricevuti dalla Meloni e dal ministro degli Esteri Taiani i quali in quella occasione non poterono sottrarsi dal promettere la creazione di corridoi umanitari, allo scopo di consentire la possibilità di ritrovare e riunire i nuclei familiari.
La beffa del corridoio umanitario
Infatti in quasi tutti i casi i nuclei familiari furono smembrati, separati tra chi era avventurosamente partito e chi invece era rimasto nell’inferno delle guerre e delle tirannie. Ad oggi quelle promesse solenni sono rimaste meno che parole di cui farsi vanto, nessun corridoio umanitario è stato avviato e anzi ci si è nascosti dietro il concetto di “ricongiungimento”, provvedimento previsto nelle normative che riguardano i migranti, ma che, come spiega Manuelita Scigliano, «interessa solo quegli stranieri da tempo residenti in Italia che chiedono di farsi raggiungere dai familiari e nessuno dei sopravvissuti alla tragedia della spiaggia di Cutro può rientrare in questa categoria».
Eppure resta nella cronaca l’impegno della Meloni circa la creazione di corridoi umanitari, delegandone l’organizzazione al ministro di competenza, cioè Tajani. Contro la beffa resta la caparbietà della memoria, alimentata dalle iniziative che ci saranno tra questo sabato e la domenica, con partite di calcio, mostre fotografiche e commemorazioni su quel lembo di spiaggia dove per tanti annegò la speranza di una vita migliore.