Avrebbero provato a uccidere investendolo Giorgio (detto Franco) Benestare, cognato del boss Orazio De Stefano, e ora l’accusa per loro è di tentato omicidio, ricettazione e danneggiamento a mezzo incendio. Tutti reati con l’aggravante mafiosa. La Squadra mobile di Reggio Calabria ha arrestato Emilio Molinetti e Marco Geria, entrambi 31enni, e, rispettivamente, figlio e uomo di fiducia del boss Gino Molinetti, arrestato nell’operazione “Malefix”. A disporre l’arresto, un’ordinanza emessa dal gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei pm della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto. Secondo la Dda l’incidente sarebbe, infatti, l’atto finale di un piano premeditato.
Il tentato omicidio
Benestare, ritenuto un esponente di spicco del clan De Stefano-Tegano, era stato investito il 26 maggio nel quartiere di Archi. Stava percorrendo a piedi via Croce Cimitero quando un furgone Fiat Doblò bianco lo ha travolto procurandogli lesioni gravissime. L’ipotesi che si trattasse di un banale incidente stradale ha presto lasciato il posto a quella di un tentato omicidio programmato da tempo. E le immagini registrate dagli impianti di videosorveglianza hanno indirizzato gli investigatori su questa pista.
Il bis mancato
Molinetti e Geria, secondo l’accusa, avrebbero saputo della presenza di Benestare nelle vie di Archi. Così, dopo aver recuperato il furgone, rubato nei mesi scorsi, si sarebbero appostati per colpire al momento giusto. Benestare stava percorrendo una strada isolata, senza marciapiede, al momento dell’impatto col veicolo. I due, poi, avrebbero fatto inversione di marcia, per cercare di colpirlo una seconda volta. Un bis fallito soltanto perché il primo colpo aveva sbalzato la vittima in un piccolo ballatoio di fronte a un’abitazione.
Le indagini hanno consentito di accertare anche il percorso di fuga dei 31enni accusati del tentato omicidio. Molinetti e Geria si sono allontanati verso Gallico, dove hanno abbandonato il mezzo nel greto del torrente Scaccioti. È lì che il furgone è stato ritrovato, incendiato, il giorno seguente. A breve distanza c’erano le targhe del veicolo, le stesse comparse nel video. A dare alle fiamme il Doblò è stato un soggetto arrivato sul posto a bordo di uno scooter con la targa coperta.