Il centrodestra calabrese ha scelto i cavalli sbagliati su cui puntare alle Amministrative di questi ultimi tre anni. Nonostante abbia “sbancato” per due volte di seguito alle Regionali, nei capoluoghi di Provincia “roccaforti” della destra, come Cosenza e Catanzaro, ha ceduto lo scettro a coalizioni di sinistra. Certo, alla gauche non sono mancati “aiutini” dal campo avverso. Ora “sottobanco”, ora con litigi, divisioni e ripicche. Protagonista, in entrambi i casi, un notabilato che inizia ad arrancare in vista delle Politiche. Saranno queste ultime a rappresentare la vera resa dei conti interna al centrodestra in corso da mesi.
La carta del “Papa straniero” a Reggio
Quasi due anni fa il tavolo nazionale del centrodestra vedeva Matteo Salvini, forte del vento in poppa e del voto d’opinione raccolto alle Regionali calabresi del 2020, puntare i piedi per realizzare un sogno: avere un sindaco leghista a Reggio Calabria. Fumo negli occhi per il deputato azzurro Francesco Cannizzaro. Quest’ultimo bramava di piazzare un suo uomo, invece ha dovuto subire il “Papa straniero” Nino Minicuci, originario di Melito Porto Salvo e già direttore generale del Comune di Genova. Ed è proprio in Liguria che Minicuci ha trovato i suoi maggiori sponsor politici, dal segretario regionale della Lega, Edoardo Rixi, al presidente di Regione, Giovanni Toti.
Vantava una notevole esperienza tecnica Minicuci. Però non gli ha garantito una volata per sfilare Reggio Calabria a quel Giuseppe Falcomatà che ben pochi (anche tra i suoi) volevano veder rieletto. In primis per il “caso Miramare”, che lo ha portato alla sospensione dalla carica dopo la condanna in primo grado nel relativo processo.
Al primo turno Minicuci prese il 7,1% in meno rispetto alle sue 10 liste, mentre al ballottaggio straperse a favore del candidato del Pd. «Non ha vinto Falcomatà, ma abbiamo perso noi e la responsabilità è di tutti» dichiarò Cannizzaro in conferenza stampa, Una non troppo velata stoccata contro il senatore Marco Siclari. «Io non ho fatto neanche un giorno di mare mentre qualcuno è andato alle Eolie», aggiunse riferendosi al suo avversario interno. Ossia quello che, con la deputata Maria Tripodi, si era schierato subito a favore del “Papa straniero”.
Profumo di sgambetto nel centrodestra reggino
Nonostante la sospensione del sindaco per la Severino, l’inchiesta per i brogli elettorali e vari scossoni politico-partitici il centrosinistra governa ancora la città in riva allo Stretto con relativa tranquillità. Ma accade perché in Forza Italia i notabili (i citati Siclari e Tripodi, ma anche l’ex consigliere regionale da 10mila preferenze Domenico Giannetta) sono troppo impegnati a de-Cannizzarizzare il partito in vista delle Politiche. Insomma, sgambetti in vista per “Ciccio Profumo”, nonostante il pennacchio da responsabile di Forza Italia per il Meridione. E nonostante abbia intascato già la nomina come vice di Roberto Occhiuto per sua cugina Giusy Princi.
A Crotone briciole e pagnotte
Coeva alla disfatta leghista a Reggio Calabria è stata quella del centrodestra crotonese. A guidarlo era il deputato azzurro (subentrato proprio nel 2020) Sergio Torromino, coadiuvato dal coordinatore cittadino di FI e oggi portaborse di Valeria Fedele, Mario Megna.
Fi, Lega e Fdi puntarono sull’avvocato Antonio Manica. Noto professionista, ma politico non trainante, tant’è che al primo turno prese l’8,2% in meno delle sue dieci liste che arrivarono al 49,8%.
Risultato: Manica al ballottaggio prese oltre 4.500 voti in meno rispetto al primo turno. E a imporsi fu il primo (e unico) sindaco arancione della Regione, Vincenzo Voce, espressione del Movimento “Tesoro Calabria” di Carlo Tansi.
In Consiglio comunale Fdi non entrò nemmeno, anche se oggi ha dei simpatizzanti nell’assise. La Lega invece perse la sua unica eletta, Marisa Cavallo, planata nel gruppo misto. La causa principale? I dissidi col commissario provinciale dl Carroccio, Cataldo Calabretta.
E Forza Italia? Elemosina briciole. Anzi, pagnotte. Tutto nel tentativo (recentemente mancato) di entrare nell’esecutivo civico facendo da stampella ad un sindaco con numeri ballerini. Eppure, con la vittoria schiacciante alle ultime Provinciali che ha visto protagonista politico l’ex assessore Leo Pedace, il centrodestra pitagorico aveva di fronte a sé un governo cittadino alla canna del gas. Invece, la canna è diventata un boccaglio, fornito dal citato forzista Megna e i suoi sodali.
L’anomalia cosentina
Le comunali di Cosenza, invece, si sono tenute lo stesso giorno delle regionali che hanno portato Roberto Occhiuto alla Presidenza della Regione.
Il candidato di Forza Italia, Lega, Fdi, Udc e Coraggio Italia è stato Francesco Caruso, già vicesindaco di Mario Occhiuto. Le sue liste al primo turno ottennero il 43,2%, in linea con il risultato del centrodestra alle regionali, pari al 43,7%. Il candidato, però, ebbe il 5,8% in meno delle otto liste a suo supporto. E si ritrovò come sfidante Francesco De Cicco, assessore in carica della sua stessa Giunta comunale. Lo stesso assessore che al secondo turno “abbracciò” Franz Caruso ed il Pd, sempre rimanendo in carica fino alla successiva nomina nel nuovo governo cittadino e risultando decisivo nella vittoria del centrosinistra.
Che Mario Occhiuto ed il centrodestra ormai guidato dal fratello Roberto abbiano puntato su un “pupillo” senza revocare dalla Giunta una spina nel fianco da quasi 5.000 voti odora di inciucio tra schieramenti formalmente avversi. Chissà se ricambiato con la successiva vittoria della sindaca di San Giovanni in Fiore e anche lei già assessora della Giunta di Mario Occhiuto, Rosaria Succurro, alle Provinciali bruzie.
La debacle del centrodestra a Catanzaro
Non serve dilungarsi, ne abbiamo recentemente parlato a più riprese. Nel capoluogo di Regione andato al voto poche settimane fa, è emersa plasticamente la scarsa capacità del notabilato regionale di puntare su un cavallo vincente. E con essa tutte le frizioni in vista delle politiche.
Nell’arco della campagna elettorale a favore del docente di sinistra Valerio Donato, il centrodestra è passato da più fasi. La prima, quella in cui era certo di una vittoria marcata al primo turno. La seconda, in cui ha coltivato la speranza (poi realizzatasi) dell’anatra zoppa. Infine, quella della desolazione post ballottaggio.
Oggi il sindaco è Nicola Fiorita. E in queste ore dai partiti di sinistra sta ricevendo più telefonate per posti in Giunta che voti alle elezioni, espressione del civismo di sinistra. Un successo, il suo, frutto non solo dell’attrattività della sua figura, ma anche delle faide interne al centrodestra. Che, pur sconfitto, rimane maggioranza nel tessuto sociale della città. Il neo-sindaco rischia di essere prigioniero del “campo largo” rimasto sulla carta. E c’è la possibilità che si veda imporre dal Nazareno la nomina della “sardina” Jasmine Cristallo come sua portavoce. La cosa causerebbe malumori alle decine di aspiranti assessori che ritengono di poter rientrare in quel concetto di “nomine di alto profilo” che Fiorita vorrebbe sia per la Giunta che per le altre caselle. Insomma, i nodi verranno presto al pettine.
Detto questo, la carta bianca data dalla Lega a Filippo Mancuso in questa campagna elettorale appena conclusa, non ha premiato. Così come il tentativo del coordinatore regionale di Fi, Giuseppe Mangialavori, di replicare l’esperienza delle comunali di Vibo Valentia del 2015 con Elio Costa, in cui i partiti del centrodestra si erano “mimetizzati” con sigle differenti dalle originali.
Il Vibocentrismo regge
L’avvocata Maria Limardo, dopo una candidatura alle elezioni regionali del 2010 con il Pdl e l’elezione sfiorata con ben 4.736 preferenze nell’allora collegio di Vibo Valentia, è divenuta sindaca di Vibo Valentia nel 2019 al primo turno (con quasi il 60% dei voti) con una coalizione trainata dal suo partito, Forza Italia e dal già citato Giuseppe Mangialavori.
La Limardo è una mosca bianca di questo centrodestra incapace di esprimere amministratori locali di chiara matrice partitica. Netta nelle decisioni, riesce a gestire le fibrillazioni politico-partitiche senza esserne succube. è sopravvissuta politicamente dopo lo scossone di Rinascita-Scott che portò la commissaria regionale di Fdi Wanda Ferro a chiedere pubblicamente la fine della consiliatura (ricevendo, di fatto una pernacchia). E alle ultime regionali ha superato il brutto sgambetto al leader di una importante formazione politica che governa con lei Vibo Valentia. Parliamo di Città Futura e di Vito Pitaro, estromesso dalle candidature a pochi giorni dal voto.
Insomma, in una politica fatta di equilibrismi ed equilibristi (ma anche di trapezisti e clown, a dirla tutta), il decisionismo della Limardo è un tratto inedito. Che difficilmente, però, un notabilato alla perenne, famelica ricerca di un altro giro di giostra in Parlamento intende valorizzare.
Roberto Occhiuto si smarca dal resto del centrodestra
«Dal primo giorno del mio mandato da presidente della Regione ho detto che avrei fatto l’uomo di governo e che mi sarei occupato soltanto dei problemi della Calabria, lasciando ai partiti le scelte in ordine ai candidati sindaco delle città». «Rimango un dirigente politico nazionale del centrodestra, ed è chiaro che mi impegnerò per le prossime elezioni politiche. Ma per scegliere gli aspiranti primi cittadini non sono intervenuto e non interverrò in futuro». Queste le dichiarazioni di Roberto Occhiuto all’Ansa dopo l’ultima tornata amministrativa.
Una posizione molto diversa dai suoi colleghi presidenti di Regione. In Campania Vincenzo De Luca in alcuni comuni ha presentato la lista Campania Libera di sua diretta espressione. E si è preso il merito delle vittorie, tra cui quella di Enzo Cuomo a Portici (con l’80%).
In Puglia Michele Emiliano rivendica la vittoria locale della «formazione che governa la Puglia» e che ha visto il democrat vicino a molti candidati in questa tornata amministrativa. Tra questi, il sindaco rieletto di Taranto Rinaldo Melucci. «Sicuramente è uno dei risultati più importanti in Italia perché qui la coalizione si è presentata nella stessa formazione che governa la Regione e nella stessa formazione che ci auguriamo possa governare l’Italia nelle prossime elezioni politiche», il suo commento sul voto.
Non differente la situazione a destra. Il presidente della regione Abruzzo, Marco Marsilio, in quota Fratelli D’Italia, ha messo il cappello sul risultato delle Comunali. «Il centrodestra ha sciolto il guinzaglio della sinistra sugli elettori» ha dichiarato festeggiando la vittoria del “suo” candidato Pierluigi Biondi a sindaco de L’Aquila.
Insomma, ragionamenti e azioni diametralmente opposti a quelli di Roberto Occhiuto.
Tra paura di ammettere sconfitte e rese dei conti, la partita per le politiche è ancora tutta da giocare.