Caulonia, il paese che sprofonda

Case, chiese barocche e antichi teatri sono minacciati dal dissesto idrogeologico. Tra finanziamenti, interventi rimasti solo sulla carta e altri pronti a partire. E si sa già che non saranno risolutivi

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A Caulonia più di mille anni di storia sono, letteralmente, in bilico sullo sbalanco. Chiese barocche, antichi teatri, una manciata di abitazioni e giardini da cartolina: tutto appeso agli umori di ciò che resta della rupe su cui sono stati costruiti. La stessa rupe, che per secoli ha protetto l’antica Castelvetere dalle incursioni degli eserciti e dalle scorrerie dei saraceni, e che ora si sgretola. Il dissesto idrogeologico –  incurante dei cantieri realizzati e di quelli pronti a partire, degli interventi rimasti solo sulla carta e dei lavori da ultima spiaggia messi in campo dopo ogni pioggia seria – è andato avanti negli anni, minando la solidità stessa di una parte di Caulonia.

Un video della frana girato da Ivan Reale nel 2017: da allora la situazione si è aggravata

La situazione si è incancrenita con il tempo nonostante i quasi 20 miliardi di vecchie lire già spesi fino ad ora. Adesso si proverà a mettere una pezza – l’ennesima – con i nuovi lavori di consolidamento in partenza a giorni. Il finanziamento è di 1,9 milioni di euro, da dividere tra la rupe del borgo e la parte alta della Marina. Tolta l’Iva e gli oneri, restano poco più di 900mila euro di corsa contro il tempo, in attesa di altri fondi. Si tratta di altri 900mila e rotti attualmente in attesa di approvazione per la base della rupe. A questi bisogna aggiungere i soldi per gli ulteriori cantieri, in fase di progettazione, che dovranno completare quelli che stanno per partire. È uno stillicidio senza fine, cucito sulla pelle di un paese già fortemente vandalizzato da incurie e abusi.

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I segni visibili del dissesto idrogeologico a Caulonia

 

Cronaca di un disastro

Mortida, Maietta, Carminu: hanno nomi figli delle dominazioni che si sono alternate nel corso dei secoli i quartieri di Caulonia già colpiti dal disastro. Le case costruite sul ciglio della rupe, alla Mortida, sono state le prime a venire giù. Sono state sgomberate e abbattute negli anni ’90 a causa di un concreto rischio crollo.

Ma il problema è più antico e già alla fine del decennio precedente l’erosione della rupe su cui poggia la parte di Caulonia che guarda alla valle dell’Amusa, era finita al centro dell’attenzione della commissione Grandi rischi dell’allora ministero della Protezione civile. Due sopralluoghi degli ingegneri della Prociv hanno certificato la necessità di intervento immediato. Il problema, comune a quasi tutti i centri del territorio, investiva la rupe nella sua interezza.

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Crepe profonde sulle strade di Caulonia

E già dal 1988 esisteva un piano di fattibilità da 12 miliardi che avrebbe consentito di mettere in sicurezza l’intero paese. I primi tre miliardi di finanziamento per il dissesto arrivano nel ’91. Sarebbero destinati agli interventi di risanamento per la zona di San Biagio e di Tinari oltre che per quella della Maietta. Ma i soldi non bastano e i lavori vanno avanti solo nei primi due rioni.

Si deve aspettare qualche anno prima che i cantieri raggiungano il lato meridionale della rupe. Però gli interventi, seppure economicamente impegnativi, non risulteranno decisivi per contrastare il dissesto idrogeologico. Si arriva così alla fine dei ’90 quando si interviene in modo consistente. La rupe viene bloccata con contrafforti intirantati connessi tra loro da un cordolo in cemento armato. Un intervento importante, figlio di quel piano di fattibilità elaborato 10 anni prima e realizzato solo in parte. Così si blocca, almeno temporaneamente, il degrado del costone e mette in sicurezza il sito.

Le avvisaglie a Caulonia

Almeno fino all’ottobre del 2015, quando in seguito a diversi giorni di pioggia battente, una parte di via Maietta sprofonda di un paio di metri. L’ha mangiata da sotto lo sbriciolarsi delle argille che compongono la parte superficiale della rupe. Un crollo improvviso, ma che aveva avuto le prime avvisaglie qualche anno prima. All’epoca, infatti, diverse costruzioni poste alla base della rupe furono pesantemente crepate (e sgomberate) da un movimento franoso sotterraneo che scende verso la fiumara.

Il problema dipende questa volta soprattutto dalle infiltrazioni d’acqua. Tra quella piovana e quella mal regimentata degli scarichi fognari della zona, la rupe si ritrova corrosa “dall’interno”. Lo certificano, pochi giorni dopo il crollo, gli ingegneri della protezione civile. Nella loro relazione di primo intervento annotano tra gli scenari attesi «nuovi sprofondamenti simili a quello già evidenziato» e la loro «accentuazione». Suggeriscono tra le altre cose «la regimentazione delle acque di ruscellamento che insistono sul piazzale impedendone o riducendone significativamente l’infiltrazione».

Parole al vento

Ma di quel suggerimento nessuno sembra prendersi cura. E le cose, mese dopo mese, continuano a peggiorare. L’acqua piovana si infiltra anche dalle nuove voragini che via via si aprono su via Maietta. Solo nel 2017, un ulteriore finanziamento pubblico di 100mila euro consentirà l’installazione di una serie di tubi di plastica per regimentare le acque piovane e riversarle alle spalle della rupe, lungo le vinede strette del paese. L’ennesimo intervento di rattoppo serve però a poco e la gravità della situazione comincia a mostrarsi anche sui muri della chiesa che dà il nome alla piazza. Crepe profonde sull’abside barocca, sul sagrato, nei passaggi che portano all’organo monumentale e al giardino.

I tubi di plastica per regimentare le acque piovane a Caulonia

La situazione è così grave che dal novembre del 2019, l’intera area – su cui si trova anche la seicentesca chiesa di San Leo a Caulonia, da qualche anno riconvertita a sala prove per la banda del comune – è stata interdetta anche al traffico pedonale: sgomberate le case che affacciano sulla rupe – anche se è non raro trovare qualcuno tra i vecchi abitanti ancora affacciato alle finestre –, chiusa al culto la chiesa costruita sui ruderi del convento degli Agostiniani. Tutto sbarrato sperando che nuove forti piogge non facciano venire giù tutto prima della fine dell’ennesimo intervento. Vengono anche installati dei sensori per monitorare continuamente lo stato della frana.

I nuovi lavori

Arriviamo così ai giorni nostri, con il nuovo cantiere per il «consolidamento rupe centro storico» che dovrebbe essere aperto nel mese di marzo. E che, non ancora partito, già segna il passo rispetto ad una situazione drammatica che è continuata a peggiorare. Nella relazione tecnica inviata dal Rup del progetto alla Cittadella regionale, infatti, si legge che «l’area di intervento individuata nel progetto appare meno preoccupante di zone limitrofe non comprese nel Ppbg, in cui sono stati rilevati fenomeni di retrogressione del ciglio, sprofondamenti significativi e scavernamenti della parete. Tali risultanze – scrive ancora il Rup Ilario Naso analizzando i rilievi eseguiti in parete dai geologi rocciatori – sono maggiormente gravose rispetto a quelle rilevate in passato ed evidenziate sul progetto finanziato».

Il circo può ripartire quindi, con la speranza che nuove bombe d’acqua non mandino tutto all’aria e anche se già si sa che l’intervento, così come è strutturato, non sarà risolutivo. Almeno fino al prossimo finanziamento.

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