Avviso ai lettori: abbandonate ogni categoria politica nota e armatevi di santa pazienza, unico modo per capire questa storia.
Se vi è capitato di vedere Stranger things, la fortunata serie di Netflix, beh, potreste essere avvantaggiati, perché anche qui si racconta di un mondo parallelo, di un Sottosopra che inquieta, di una città in cui tutto è deformato.
Succedono strane cose nella Catanzaro che si appresta al voto.
Catanzaro sottosopra
Proviamo a sintetizzare, ma attenti, perché il rischio che vi giri la testa è davvero alto.
Via: il Pd, in accordo con il M5S, vorrebbe candidare a sindaco di Catanzaro un professore che non ha tessere in tasca, mentre un altro professore, lui sì iscritto al partito di Letta, propone un esperimento civico che però è ben visto dal centrodestra e, soprattutto, dalla destra-destra di Fratelli d’Italia, il tutto mentre la Lega spinge per un esponente dell’Udc, partito che, a sua volta, vorrebbe il prof di cui sopra – no, non il primo, il secondo – a guidare la coalizione, quando nel frattempo Coraggio Italia preme per un rappresentante di Forza Italia, a cui tuttavia non va proprio giù la discesa in campo di un avvocato che, pochi mesi fa, figurava nella lista ufficiale dei berlusconiani per il Consiglio regionale.
Se non ci avete capito nulla, non è un problema vostro. Le realtà parallele spesso sono incomprensibili; a volte, come in questo caso, maledettamente trasversali.
Nel Sottosopra nessuno ci capisce niente, nemmeno quelli che dovrebbero governarlo.
Tafazzismo di sinistra
Quel che tutti possono capire, anche senza conoscere la saga fantascientifica americana, è che, al momento, i candidati a sindaco sono quattro. Uno, Antonello Talerico, è presidente dell’Ordine provinciale degli avvocati ed è riconducibile al centrodestra; gli altri tre hanno radici ideologiche o politiche nel centrosinistra: l’avvocato di estrazione socialista Aldo Casalinuovo, il professore di Diritto privato all’Università di Catanzaro Valerio Donato e il docente di Diritto canonico all’Unical Nicola Fiorita.

Proprio quest’ultimo, già candidato a sindaco, con buoni risultati, alle scorse Comunali (23%), è il nome prediletto del “Nuovo centrosinistra”, coalizione di cui, oltre a sigle più piccole, fanno parte anche Pd e M5S. Fiorita, insomma, è il collante locale di un’alleanza, quella giallorossa, che Letta e Conte (almeno prima della decadenza decisa dal Tribunale di Napoli) vorrebbero replicare in tutte e quattro le città al voto la prossima primavera.
Fin qui il fatto che Fiorita non sia un iscritto del Pd non provoca problemi. Il punto è che la sua candidatura risulta indebolita proprio da un esponente di peso del Pd di Catanzaro, quel Donato che ha già ufficializzato la sua volontà di diventare sindaco alla testa di una coalizione civica («non voglio essere un uomo di parte, il periodo attuale richiede un governo di salute pubblica»).

Si dirà: è lo storico tafazzismo di una sinistra che si spacca favorendo la destra. Però la faccenda è più complicata di così, e per comprendere meglio il contesto bisogna mettere in conto l’endemico trasversalismo della politica catanzarese.
In un modo che potrebbe risultare paradossale – ma solo a chi non conosce certe dinamiche locali – il nome di Donato è infatti saltato fuori durante il vertice del centrodestra andato in scena la scorsa settimana.
Il caos nel centrodestra
Sala Giunta della Provincia. Al tavolo sono presenti quasi tutti i ras del centrodestra locale e regionale. La discussione parte da un accordo raggiunto nei mesi precedenti: Fi ha già scelto i candidati a Cosenza, Vibo e Crotone, la Lega a Reggio, quindi la designazione per Catanzaro tocca a Fratelli d’Italia.
Del resto, raccontano diversi osservatori, nei mesi scorsi – e almeno fino a un certo momento – la commissaria regionale Wanda Ferro aveva rivendicato per sé il ruolo di kingmaker della coalizione e, quindi, la facoltà di scegliere il profilo da proporre gli alleati.

Solo che, nell’interpartitica, la deputata meloniana inizialmente non avanza alcun nome, ma anzi la tira in lungo dicendo che «sarebbe auspicabile» un «candidato unitario», dal momento che finora «le prove muscolari hanno avuto esiti negativi per tutta la coalizione». La kingmaker dei tre colli, però, a un certo punto della riunione di nomi ne fa due, Rocco Mazza e Caterina Salerno. Non scaldano i cuori, ma la mossa è ben studiata, a parere degli analisti più attenti. Lo vedremo tra poco.

Anche gli altri big fanno proposte, di quelle che ben si adattano al Sottosopra catanzarese. Il leghista Filippo Mancuso non va a sponsorizzare il nome di Baldo Esposito, formalmente esponente dell’Udc, con cui si è candidato alle ultime Regionali? Quanto al sindaco uscente, Sergio Abramo, fa pure lui la sua strana scelta: Marco Polimeni, esponente di Forza Italia. Tutto bene, se non fosse che lo stesso Abramo, giusto pochi mesi fa, ha abbandonato il partito di Berlusconi per entrare in quello di Toti e Brugnaro (forse per aumentare le sue chance di entrare a far parte della Giunta regionale di Roberto Occhiuto, che poi ha deciso diversamente).

Quindi Coraggio Italia sostiene Polimeni, che tuttavia è inviso a una parte del suo stesso partito. Tant’è che il responsabile provinciale di Fi, Mimmo Tallini, si fa portavoce della necessità di avviare una interlocuzione con Talerico, pochi mesi fa candidato al Consiglio regionale proprio sotto le insegne azzurre.
Quindi Fi appoggia Talerico? Macché: il capo dei berlusconiani in Calabria, Giuseppe Mangialavori, stoppa le velleità dell’avvocato in quanto responsabile di una «fuga in avanti» che avrebbe messo in difficoltà il suo stesso partito.

Il colpo di teatro
In questa confusione spaventosa (altro che il Demogorgone della serie tv), il coup de théâtre è di Giovanni Merante, presente al vertice in quota Udc. Uno pensa: c’è Esposito in ballo, il suo partito indicherà lui. Quando mai. Agli alleati viene proposto il nome di Donato. Proprio lui, il candidato civico con la tessera del Pd in tasca. «Il professor Donato – queste le parole che vengono attribuite a Merante – potrebbe essere disponibile a ragionare con noi…».

Brusio, mugugni pensosi, caos. Qualcuno chiede: «Con i simboli di partito o senza?». Risposta: «Accetterebbe anche i simboli». Altri brusii, altre riflessioni, poi si mette di traverso Tallini, infine anche Mancuso. «Ma come – questo il ragionamento di entrambi –, governiamo in Regione e in città e non riusciamo nemmeno ad avanzare un nome nostro?».
Wanda e l’avvocato

Alle comprensibili obiezioni di Tallini e Mancuso, tuttavia, non si sarebbe aggiunta quella di Ferro, la kingmaker che dovrebbe avere l’ultima parola.
Un esperto di (strane) cose catanzaresi spiega tutto così: «Non dimentichiamo che Donato è stato il legale di Wanda per il ricorso davanti alla Consulta che le ha permesso di rientrare in Consiglio regionale quando era ormai fuori dai giochi. Lei, da capo di Fdi in Calabria, non può proporre Donato perché perderebbe la faccia. Ma se si mette a fare nomi alternativi e credibili si inimica un amico a cui deve tanto. Quindi potrebbe aver deciso di favorire Donato in modo indiretto…».
E il pensiero corre di nuovo a Merante e alla sua proposta choc, ma poi mica tanto. Lo abbiamo capito che nel sottosopra è tutto un po’ incasinato. E ora basta, ché la testa gira forte.