Catanzaro e politica, l’eterno ritorno dei soliti noti

Non riescono proprio a stare fuori dai giochi. Da Tallini a Parente, passando per Abramo e Bruno. Senza dimenticare Costanzo. Tutti pronti a non mollare le poltrone o a riprenderle

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Se a Vibo i trasversalismi potrebbero essere oggetto di studi antropologici, Catanzaro è certamente la capitale dell’eterno ritorno. Il passato che non passa, nel capoluogo di regione, lo incarna uno come Sergio Abramo che sembra sia sindaco, oltre che presidente della Provincia, da sempre e per sempre. È però convinzione comune che il bottino grosso sia alla Regione. Dunque, in vista delle elezioni del 3-4 ottobre, sono in tanti, tutti arcinoti, a sgomitare per piazzare la propria bandierina nell’Astronave di Palazzo Campanella. Ecco alcuni profili di chi fuori dai giochi non riesce proprio a stare ed è già a caccia di una riconferma o (appunto) di un ritorno nella politica che conta.

Sergio Abramo, sindaco di Catanzaro
Due big ingombranti

Tra i più ingombranti, nel centrodestra, ci sono due big che già nel 2020 hanno giocato un ruolo di primo piano. E che anche a distanza di un anno e mezzo, magari a ruoli invertiti, sono pronti a dare spettacolo. Si tratta di Mimmo Tallini e Claudio Parente, eminenze azzurre del capoluogo che hanno attraversato alterne fortune mantenendo, sempre e comunque, ampi pacchetti di voti. Di Tallini si sa: è stato “incandidabile” secondo l’Antimafia e, nonostante l’Antimafia, è stato candidato, eletto e pure incoronato – con un aiutino dal centrosinistra – presidente del consiglio regionale.

Poi la bufera giudiziaria lo ha investito con “Farmabusiness”, ma il Riesame e la Cassazione hanno detto che non doveva andare ai domiciliari. È tornato a Palazzo Campanella da consigliere semplice, ha battagliato spesso col facente funzioni Nino Spirlì ma, nel frattempo, si è indebolito sul fronte interno. Politicamente è certo che venderà cara la pelle. Ma se vorrà essere candidato oppure puntare su qualcun altro o su un patto di ferro proprio con Parente è difficile dirlo. Perché a Catanzaro ognuno si impegna a far apparire sempre il contrario di quello che realmente è.

Un Parente alla Regione

In molti danno lo stesso Parente come già dentro la lista ufficiale di Forza Italia. «Nel 1997 – si legge in una sua biografia sul sito del consiglio regionale – ha rinunciato alla carriera universitaria per intraprendere la libera professione di medico specialista ed avviare e dirigere diverse iniziative imprenditoriali di successo nel settore sanitario. Dall’anno 2016 presiede il Movimento Politico Sociale “Officine del Sud”».

Claudio Parente, presidente Officine del Sud

Dei suoi interessi diretti o indiretti nella sanità privata si è parlato molto a proposito del boom di contagi a Villa Torano, ma anche il suo movimento gli dà un po’ da pensare: il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri vuole mandarlo a processo per peculato assieme a due “suoi” consiglieri comunali. Al centro dell’inchiesta c’è una convenzione firmata tra l’amministrazione comunale e la “Vivere Insieme”, società che ha fondato proprio Parente e di cui il politico, nonostante le dimissioni, avrebbe mantenuto secondo l’accusa la gestione e il controllo.

L’Udc piglia tutti

Il sito istituzionale del Comune di Catanzaro lo dà ancora come capogruppo di «minoranza» ma per le Regionali è già ufficialmente passato dall’altra parte. Se mai si dovesse indicare un corrispondente politico maschile di Flora Sculco (ancora all’opposizione in consiglio regionale ma già candidata col centrodestra) si chiamerebbe Sergio Costanzo. Con lei condivide la caratteristica di stare sia da una parte che dall’altra ma anche l’essere una new entry di un partito che dei “due forni” ha fatto un tratto identitario: l’Udc.

Sergio Costanzo, new entry nelle file dell’Udc

Nel 2014 si presentò a sostegno di Mario Oliverio con “Calabria in rete” e proprio la Sculco, nonostante le sue 6687 preferenze, gli soffiò il posto in Consiglio. Nel 2020 provò a bazzicare ancora dalle parti del centrosinistra ma non trovò sponda nella coalizione guidata allora da Pippo Callipo. Gli fu preferito Libero Notarangelo (Pd) che lo ha poi nominato suo segretario particolare.

C’è anche un’ombra che lo insegue da tempo, ma va detto che non è indagato per niente che abbia a che fare con reati di mafia: è cugino di Girolamo Costanzo, noto come “compare Gino”, storico capoclan dei Gaglianesi. In alcune intercettazioni contenute in “Farmabusiness” si parla di una presunta “ambasciata” partita dal carcere di Opera, ancora tutta da verificare in sede di indagine, per farlo votare.

Bruno, un delfino tra le correnti

Si riaffaccia sul fronte del centrosinistra un volto non proprio nuovo come quello di Enzo Bruno. Partito da Vallefiorita, bazzicava la Provincia di Catanzaro già alla fine degli anni ’90, quando guidava anche la Comunità montana “Fossa del lupo”. È stato poi eletto presidente dell’ente intermedio per il Pd nel 2014 e saltella tra le correnti dem con la naturalezza di un delfino che attraversa lo Stretto: è passato da Nicola Adamo ad Agazio Loiero, è stato con e contro Oliverio, quindi vicino a Ernesto Magorno quando era segretario regionale del Pd e, ora, è pronto per la candidatura al consiglio regionale.

Enzo Bruno, presidente della Provincia di Catanzaro

Nel suo curriculum la parola «funzionario» ricorre continuamente in riferimento all’Asp di Catanzaro e alla Regione Calabria, ma altrettanto frequentemente vi è affiancato anche il termine «comando», ovvero il distacco di un dipendente pubblico della stessa amministrazione nella struttura di qualche componente della Giunta o del Consiglio. Adesso proverà ad essere lui quello che “comanda”. Sotto i vessilli della nuova/vecchia corrente zingarettiana “Prossima”, si appresta a lottare per un posto al sole di Reggio.

L’iperattivo Pitaro

Nel collegio di Enzo Bruno potrebbe creare un certo fastidio elettorale Francesco Pitaro, eletto per il rotto della cuffia con la creatura callipiana “Io resto in Calabria” nel 2020. Non ci ha pensato un attimo, quando gli hanno negato la nomina nell’Ufficio di Presidenza del Consiglio, a “tradire” l’imprenditore del tonno e a mettersi in proprio nel gruppo Misto.

Francesco Pitaro, consigliere regionale del Gruppo misto. I retroscena politici lo danno vicino al Pd

Ora pare sia entrato, accolto da parecchi mugugni, nel Pd, e il suo attivismo – non solo nel capoluogo e nell’hinterland, ma da Crotone fino a Lamezia e Vibo – potrebbe tradursi in una crescita di consenso. Un lavorio incessante, il suo, che poi, magari, potrebbe tornare utile anche al fratello Pino, avvocato amministrativista ed ex sindaco di Torre di Ruggiero coinvolto nell’inchiesta “Orthrus“ – rispetto alla quale professa da tempo la sua «assoluta estraneità» –, per un’eventuale corsa a primo cittadino di Catanzaro.

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