«Dimezzata, monca, a metà». Rimbalzano tra le vinedde del paese vecchio i malumori per lo strano compromesso raggiunto in vista del Caracolo, la secolare processione del sabato di Pasqua. Dopo due anni di blocco causato dalla pandemia, avrebbe dovuto ripopolare l’antica Castelvetere. Invece si è ritrovata mutilata e al centro di una polemica che ha spaccato la piccola comunità cittadina.
Una delle due gambe su cui si regge la tradizione antica della processione a “zig zag” lungo la piazza principale di Caulonia si è infatti chiamata fuori. E si è rifiutata di fare sfilare le statue di propria competenza che completerebbero il corteo, mandando all’aria secoli di tradizione immutabile.

Il gran rifiuto
E così, dove anche le bombe degli Alleati fallirono, riuscì il dissesto idrogeologico. Dopo secoli di confortevoli ripetizioni andate in scena nonostante guerre, terremoti, invasioni e carestie infatti, quest’anno, il rito ereditato dalla dominazione spagnola – unico del genere a svolgersi in Italia – andrà “in scena” in forma ridotta. La causa è la clamorosa autoesclusione di una delle due confraternite che da secoli mandano avanti la tradizione del corteo funebre che prelude alla domenica di Pasqua.
La decisione si lega al disfacimento della porzione di rupe su cui poggia la chiesa dell’Immacolata – sede dell’arciconfraternita omonima e “casa” delle quattro statue che salteranno la processione – e ha finito col dividere il paese. Da un lato chi sostiene la protesta, dall’altro chi, anche se a denti stretti, fa finta di niente e si prepara a mandare avanti lo spettacolo nonostante tutto.
Caracolo: l’ok del vescovo e il diktat del Comune
Jusu e Susu, Carmine e Rosario. La secolare divisione del paese si manifesta nell’appartenenza alle due arciconfraternite. E si rinnova ogni anno, durante i riti della settimana Santa, con piccoli dispetti e malcelate smanie da grandeur. Avrebbe dovuto riprendersi la scena dopo il via libera arrivato dal vescovo alla fine di marzo, invece si è spiaggiata contro un’ordinanza comunale.
A causa del deterioramento che mina la solidità di una parte del borgo antico, l’atto impedisce da circa due anni l’accesso alla chiesa dove sono custodite quattro delle otto statue. Ed è su questa ordinanza che si è arroccata l’arciconfraternita “barricadera”: «Se i fedeli non possono raggiungere la chiesa per le funzioni – filtra dalle stanze dell’associazione che fa capo alla chiesa dell’Immacolata – allora non possono nemmeno andare a prendere le statue. È irricevibile la proposta arrivata del Comune di mettere una passarella temporanea per fare passare il corteo del Caracolo. Poi la festa passa e la chiesa torna chiusa al culto».
Il rito dimezzato
Gli “incanti” delle statue del Rosario (una vera e propria asta con tanto di banditore in cui le famiglie si contendevano all’ultimo soldo le statue da portare in processione, ma proibiti dal vescovo alla fine dei ’90), i battibecchi sui ritardi, le leggendarie scazzottate a forza di paramenti sacri: il Caracolo, tipico esempio della cultura sacra che si mischia con quella profana, paradigma del paese in cui va in scena e vanto massimo della millenaria cultura cauloniese, quest’anno andrà in scena in forma ridotta. E con un tracciato che, per forza di cose, escluderà una parte del paese: quella cioè maggiormente minacciata dal disfacimento della porzione di rupe che guarda a sud.

Putin e il Caracolo
E se tutti concordano sulla gravità della situazione, la decisione di abdicare al Caracolo da parte di una delle due anime del paese (l’arciconfranternita del Rosario e quella dell’Immacolata contano, insieme, quasi 800 iscritti, la quasi totalità degli abitanti del borgo) ha lasciato profonde ferite. Tanto che sui muri del paesino sono anche spuntati manifesti che puntano il dito contro i vertici dell’associazione in “rivolta” e contro la decisione di abdicare dalla processione. Uno strano vortice che si smarca dal vincolo sacro/profano e mischia il “Cristo alla Colonna” con Vladimir Putin.
Cercasi Madonna
La decisione di trattenere ai box le quattro statue protagoniste del Caracolo – dall’arabo karahara, girare – verrà bypassata con un corteo “monco”. Il problema dell’assenza dei “protagonisti” (in questo caso la statua della Madonna) si ripropone, però, anche per la giornata di domenica. Ossia quando, da calendario, dovrebbe andare in scena la rappresentazione della Svelata che chiude i riti della settimana santa.
In questo caso la statua della Madonna – che nella tradizione popolare riceve la notizia della rinascita di Cristo da San Giovanni, spogliandosi del velo nero del lutto – non sarà quella consueta. L’arciconfraternita ribelle non la concederà, per cui toccherà prenderla in prestito da un’altra chiesa. «Tanto le Madonne a Caulonia non mancano – dice il Priore della confraternita del Rosario, che si presenterà all’appuntamento orfano degli amici rivali della chiesa dirimpettaia – e pazienza se i paramenti sono diversi. La processione è importante e si deve fare a tutti i costi. Anche senza tutte le statue».
