Il Brasile salva Morabito: come mai salta l’estradizione del re della coca?

Al momento della sua cattura era considerato il ricercato più pericoloso dopo Matteo Messina Denaro. L'ordinanza per portare "U Tamunga" in Italia è stata bloccata dal ministero della Giustizia carioca

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In Brasile è già una celebrità. Il suo caso sta dividendo l’opinione pubblica e gli esperti. E, probabilmente, lo farà ancora per un po’ di tempo. Perché in Brasile, Rocco Morabito, rimarrà ancora. Secondo quanto rivelato dalla stampa locale, lo stato carioca avrebbe bloccato l’estradizione di quello che è considerato uno dei boss della ‘ndrangheta più importanti, nonché uno dei narcotrafficanti più influenti a livello globale.

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Rocco Morabito scortato dalla polizia federale brasiliana

Brasile: Morabito salvato dalla carceri italiane

Morabito potrebbe essere (temporaneamente?) salvato dalle carceri italiane per via di alcuni cavilli giurisprudenziali brasiliani. Avrebbe infatti commesso reati per i quali la sua estradizione in Italia potrebbe essere posticipata fino alla conclusione di un eventuale nuovo processo. Un caso piuttosto insolito – emerge da fonti brasiliane de I Calabresi – dato che, assai recentemente, la Corte suprema del Brasile (una sorta di organo a metà tra la Cassazione e la Corte Costituzionale) aveva confermato l’estradizione del boss calabrese.

Ma ora l’autorità brasiliana contesta a Morabito altri reati prima dell’ultima cattura. Avrebbe infatti commercializzato droga fino a poche settimane prima rispetto al suo arresto avvenuto nel 2021. Un business messo in atto con il cartello brasiliano Primo comando della capitale (Pcc), che a sua volta li avrebbe venduti a trafficanti brasiliani che li avrebbero distribuiti in località del litorale di San Paolo come Guarujà.

Chi è Rocco Morabito

«El rey de la cocaina en Milàn». Così il giornale El Observador definiva qualche tempo fa Morabito. Al momento della sua cattura era considerato il ricercato più pericoloso dopo Matteo Messina Denaro, la primula rossa di Cosa Nostra, irreperibile da decenni. Condannato in contumacia a 30 anni dalla giustizia italiana, comminata dopo che agenti sotto copertura lo avevano sorpreso a pagare 13 miliardi di lire per un carico di droga di quasi una tonnellata.

Originario di Africo, in provincia di Reggio Calabria, feudo della cosca di Peppe, “u Tiradrittu”, la definizione data dal giornale El Observador non è casuale. Morabito a 25 anni ha lasciato l’Aspromonte per Milano dove era entrato nel giro dei giovani rampanti del centro per curare lo spaccio di cocaina. Stando alla sua storia giudiziaria e criminale, tra il 1988 e il 1994 avrebbe fatto parte di un gruppo del narcotraffico, nel quale organizzava il trasporto della droga in Italia e la distribuzione a Milano.

“Tamunga” – questo il suo soprannome, dalla storpiatura dell’indistruttibile fuoristrada tedesco Dkw Munga. Restano nella “storia” del traffico internazionale di stupefacenti alcuni carichi di droga che Morabito avrebbe trattato. Nel 1993 di 32 kg di cocaina in Italia, operazione fallita a causa della cattura in Francia di un trafficante, e di 592 kg nel 1992 dal Brasile all’Italia, droga confiscata in quest’ultimo Paese. Da ultimo, un’operazione l’anno successivo con 630 kg di cocaina.

Morabito è detenuto in Brasile da circa un anno, quando, cioè, un blitz interforze lo scovò a Joao Pessoa insieme a un altro latitante, Vincenzo Pasquino, ricercato almeno dal 2019. Da quel momento si è iniziato a lavorare per la sua estradizione nel più breve tempo possibile.

Il business con le cosche della Piana

La sua figura emerge con grande chiarezza nell’inchiesta “Magma”, condotta dalla Dda di Reggio Calabria contro le cosche Bellocco e Gallace, attive proprio nel traffico internazionale di stupefacenti con il Sud America.  Le investigazioni avrebbero di dimostrato come i Bellocco, uno dei casati storici della ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria, avessero esportato anche oltreoceano le loro attività criminali, grazie alle relazioni con cosche come i Morabito e i Mollica di Africo.

Così, nell’area platense, tra Buenos Aires e Montevideo, i calabresi dialogavano da pari a pari con i cartelli sudamericani, coordinando l’acquisto e la spedizione di quintali di cocaina verso l’Italia e l’Europa. L’area platense, quella che si trova vicina al Rio della Plata su cui si affacciano quasi dirimpettaie Buenos Aires e Montevideo, capitale dell’Uruguay è diventata da tempo una zona su cui si sono installati vari gruppi di ‘Ndrangheta in contatto con i narcos di Colombia, Bolivia e altri paesi Centroamericani.

L’indagine prese avvio dopo il sequestro di 385 chili di cocaina rinvenuti in mare al largo di Gioia Tauro. Da quell’episodio la Guardia di finanza ha ricostruito la rete dei Bellocco che avevano da tempo ormai loro referenti in Sudamerica. Tra cui proprio Rocco Morabito, “Tamunga”.

Il primo arresto

Già nel 2017, infatti, era stato arrestato in un hotel di Montevideo dopo 23 anni di latitanza. In quell’occasione, “Tamunga” si celava dietro la falsa identità di un imprenditore brasiliano di 49 anni, di nome Francisco Cappeletto. Stratagemma, questo, che gli aveva consentito di ottenere una carta d’identità uruguayana.

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Il documento falso ritrovato a Rocco Morabito

La cattura era avvenuta in un hotel di Montevideo, insieme alla moglie, una 54enne angolana con passaporto portoghese. Morabito risiedeva da 13 anni nella vicina località balneare di Punta del Este. Si sospettava che fosse fuggito in Brasile ma le indagini in Uruguay erano scattate dopo che aveva iscritto una figlia a scuola sotto il suo vero nome. A Morabito furono confiscati una pistola, un coltello, due autovetture, 13 cellulari, 12 carte di credito e assegni in dollari.

Specialista in evasioni

La revoca dell’estradizione di Morabito sta facendo discutere il Brasile. Anche perché il narcotrafficante calabrese è esperto in evasioni dalle carceri sudamericane. Nel giugno 2019, la clamorosa evasione mentre anche in quel caso era in attesa dell’estradizione.

Morabito sarebbe riuscito a fuggire insieme ad altri tre detenuti dalla terrazza del carcere ubicato nel pieno centro della capitale. Si sarebbe quindi introdotto in un appartamento confinante situato ai piani alti e, dopo aver derubato una donna, sarebbe scappato in taxi.

Scene da film, latitanze dorate, possibili anche grazie alla sua fitta rete relazionale costruita in Sud America. Fin dai tempi della vita a Milano, infatti, Morabito spicca per la sua capacità di inserirsi molto bene nei salotti più importanti dell’alta società. Anche con lo scopo di penetrare le istituzioni.

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Rocco Morabito, supernacotrafficante arrestato dopo oltre 20 anni di latitanza

Brasile: Morabito è un caso che divide il Paese

Ora una nuova tappa nell’incredibile vita di “Tamunga”. La sua estradizione, infatti, nonostante le pronunce della Corte suprema, doveva essere autorizzata dal presidente Jair Bolsonaro. Ma proprio nelle ultime ore, il ministero della Giustizia avrebbe bloccato tutto.

L’ordinanza è firmata dal segretario nazionale alla Giustizia, Josè Vicente Santini, uno dei fedelissimi di Bolsonaro. Ma la vicenda, anche sotto il profilo legale, non è così chiara. La legge in vigore in Brasile impedirebbe l’estradizione se vi sono procedimenti pendenti o condanne definitive in Brasile. Tale procedura può essere completata solo su richiesta della persona che dovrebbe essere trasferita. Oppure su autorizzazione della giustizia brasiliana.

Insomma, per qualcuno, Morabito potrebbe essere deportato in Italia solo quando il caso si fosse concluso. Ma altri giuristi sostengono che “Tamunga” potrebbe rientrare in Italia prima della conclusione di un eventuale nuovo processo. Ma per adesso il re del narcotraffico non tornerà in Italia, da dove manca (almeno ufficialmente) da oltre 30 anni.

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