Antonello Antonante: dal teatro tenda di Giangurgolo fino alla comunità dell’Acquario

Portò a Cosenza il Living Theatre, Dario Fo e altri maestri. Attore, autore e regista: è stato uno dei punti di riferimento per la cultura bruzia degli ultimi decenni. Fu anche direttore artistico del Rendano

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Ci sono giorni duri, di quelli in cui non basta nascondersi. Ieri Cosenza ha perso due figure straordinarie della propria storia recente. Quasi contemporaneamente alla morte di Franco Dionesalvi, poeta e intellettuale immerso nell’azione politica, se n’è andato anche Antonello Antonante, attore, autore e regista teatrale.

Antonello Antonante e la tenda di Giangurgolo

In un colpo questa città ha perso due protagonisti di una stagione culturale e politica ormai decaduta e lontana. Ma i fermenti che ancora agitano le idee, le visioni e i progetti attuali sono i semi di quel tempo fertile. Dove oggi sorge una banca, una volta c’era un teatro sotto una tenda da circo, con le sedioline di legno scomode, gli spettacoli coraggiosi, il pubblico estasiato. Era la tenda di Giangurgolo, di cui Antonante era uno dei protagonisti. Le storie di quelle persone non sono fatte solo di recite, ma di battaglie vere, per tenere vivo un alito di cultura. Furono quelle persone e Antonello tra loro, a portare a Cosenza il Living Theatre, la recitazione della compagnia teatrale sperimentale di New York travolse corso Mazzini, stupì, scandalizzò, scosse i cosentini, li sedusse, li attrasse, li lasciò sgomenti.

Ma la stagione della Tenda di Giangurgolo era al suo termine e Antonello Antonante cominciò a pensare a un teatro stabile. Trovarono un enorme magazzino su via Galluppi. Si trattava di un deposito di medicinali e per giorni il lavoro comportò lo sgombero di tutto quel materiale. Solo dopo e lentamente quello spazio prese le sembianze di un teatro. Era nato l’Acquario. Sulle tavole di legno di quello spazio salirono in tanti, esponenti nazionali e stranieri, piccole esperienze locali.

Dario Fo e Antonello Antonante

Dall’Acquario al Rendano

In quel teatro risuonarono le voci di Dario Fo e Franca Rame, di Paolo Rossi e Paola Borboni, di Toni Servillo e Alessandro Bergonzoni. Ma anche la compagnia del centro Rat viaggiò molto, con tournée in Polonia, Armenia, Danimarca, Inghilterra, Svezia, Stati Uniti, Malesia, Svizzera, Tunisia. Erano i tempi dei viaggi fatti a bordo di un furgone scassato, della battuta gridata passando davanti al Rendano che annunciava che un giorno o l’altro quel teatro sarebbe stato loro. E in parte fu davvero così, quando sotto la sindacatura di Salvatore Perugini, Antonello Antonante fu chiamato a fare il direttore artistico del teatro della città.

Un cosentino alla guida del Rendano, quello che molti anni prima, durante la notte di Natale, per salvare il suo teatro sotto una tenda da circo era salito su una impalcatura attaccata ad un palazzo vicino per spiegare dalla finestra a uno scemo che non doveva buttare petardi, altrimenti sarebbe andato tutto a fuoco. Immaginate la scena: Antonello che bussa alla finestra di una famiglia per dire che certe cose non si fanno. Era teatro pure quello. Ed era magnifico.

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