Sono passati più di trent’anni da quando, il 27 marzo 1992, è stata approvata la legge che ha vietato l’utilizzo e la produzione di manufatti contenenti amianto. Nel frattempo, però, chi ha lavorato per decenni a stretto contatto con l’eternit spesso ha sviluppato malattie di tipo tumorale. E la bonifica e lo smaltimento del pericoloso materiale in Calabria sono ancora in grave ritardo.
Una sentenza importante per un’intera categoria
A volte, come nel caso che stiamo per raccontare, si è rimosso l’amianto senza le dovute protezioni. Ogni sentenza racconta sempre una storia, questa va oltre il singolo caso perché riguarda una intera categoria di lavoratori.
Per 28 anni di fila, infatti, un uomo aveva lavorato in Ferrovie della Calabria, tutti i giorni, dal lunedì al venerdì e dalle 7 della mattina fino alle 5 del pomeriggio. Poi nel 2008 si era dovuto dimettere perché il mesotelioma pleurico che lo affliggeva non gli consentiva più di fare sforzi. La neoplasia, purtroppo, circa 7 anni dopo non gli concedeva più altro tempo. E l’ex operaio delle Ferrovie della Calabria veniva a mancare, dopo molti ricoveri e cure, nonché un delicato intervento chirurgico presso il Mariano Santo di Cosenza.
Amianto e tumori: la denuncia dei familiari dopo la morte
L’uomo aveva già ricevuto in vita dall’Inail l’indennizzo per malattia professionale dovuta all’esposizione all’amianto. Gli eredi, la moglie e i 3 figli, un paio d’anni dopo la sua morte hanno poi deciso insieme agli avvocati Runco e Coschignano di fare causa a Ferrovie della Calabria per il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali. Ritenevano, infatti, che la causa del tumore fosse la lunga e continuata esposizione all’amianto sul luogo di lavoro.
Il giudice: Ferrovie della Calabria deve pagare
Silvana Domenica Ferrentino, giudice del Tribunale di Cosenza, il 2 dicembre scorso ha depositato le motivazioni della sentenza. E, accogliendo il loro ricorso, ha quantificato in 170mila euro i soldi che Ferrovie della Calabria dovrà pagare a tutti e 4 gli eredi per il danno biologico, più 163mila euro ciascuno per danno da perdita parentale. In totale sono circa 820mila euro, più interessi e spese legali. Il nesso causale emerso in aula tra la presenza di amianto sul luogo di lavoro e il tumore ai polmoni ha sancito la responsabilità (al 55%) di Ferrovie della Calabria nel decesso dell’ex operaio cosentino
Nelle varie udienze del procedimento civile sono stati acquisiti numerosi documenti e sentiti alcuni testimoni. Ma, soprattutto, è stata disposta una perizia medica che è servita a stabilire il nesso diretto tra la presenza d’amianto sul luogo di lavoro dell’ex operaio e il tumore ai polmoni che lo ha poi ucciso.
Nessuna protezione né visite specialistiche
Queste, ad esempio, le parole di uno dei testimoni in aula che la sentenza riporta: «Noi operai lavoravamo solo con la tuta da lavoro ma non abbiamo mai usato mascherine e guanti… Preciso che non avevamo dispositivi di protezione e non eravamo informati sui rischi». Non risulterebbero poi visite mediche specialistiche effettuate dall’azienda sui propri lavoratori al fine di verificarne lo stato di salute. Eppure l’operaio morto riceveva spesso l’incarico di tagliare lastre di amianto, come la stessa sentenza dimostra.
Quindi: presenza di amianto, solo visite generiche, nessun dispositivo di sicurezza. Infine, le dichiarazioni del medico incaricato dal Tribunale: «Ove il soggetto fosse stato effettivamente esposto all’amianto, può certamente riconoscersi un nesso di causa tra l’insorgenza del mesotelioma e le mansioni svolte dal lavoratore».
Amianto e tumori: una decisione storica
Gli elementi per condannare Ferrovie della Calabria, dunque, c’erano tutti, stando alla sentenza di primo grado. A differenza del processo penale che deve provare la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, in quello civile vige la regola detta del “più probabile che non”: ossia che sul medesimo fatto vi siano un’ipotesi positiva ed una complementare ipotesi negativa, sicché, tra queste due ipotesi alternative, il giudice deve scegliere quella che, in base alle prove disponibili, ha un grado di conferma logica superiore all’altra.
In questo caso Ferrovie della Calabria (e i suoi comportamenti legati alla presenza di amianto in alcuni luoghi lavorativi) è stata riconosciuta colpevole al 55%, altrimenti la somma liquidata in condanna sarebbe stata più alta. Il giudice, infine, decurtando quello che l’Inail aveva già versato al defunto, ha stabilito le altre somme che hanno formato il risarcimento totale per tutti i danni subiti e da liquidare in favore degli eredi.
Queste le decisioni nel primo grado di giudizio, che comunque sono esecutive, in uno dei primi processi a Cosenza arrivati a sentenza per risarcimento danni da amianto e legati a Ferrovie della Calabria.