Alessandro Bozzo, un esempio da ricordare

I dieci anni senza il cronista e l’attualità del suo insegnamento sulla libertà di stampa (e sulla vita). A Cosenza si sono chiuse le due giornate di ricordo e riflessione sul precariato e il futuro del giornalismo

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C’è un bambino di neanche sei anni che scrive la letterina a Babbo Natale e non gli chiede un fucile o i soldatini. Tutt’altro, anzi proprio il contrario: «Fai finire la guerra tra Russia e America». Alessandro Bozzo, così piccolo, aveva intercettato e assorbito i temi della guerra fredda: è stato da subito un giornalista-giornalista, come da espressione – forse abusata – mutuata dalla narrazione su Giancarlo Siani. Ha avuto il «sacro fuoco» dentro, da sempre, ha letto tutto il leggibile, giornali e libri, e con una cazzimma e un candore disarmante si proponeva alle testate locali appena aprivano: «Voglio lavorare qui», risposta: «Ma stai ancora studiando!».

Questo è Alessandro raccontato dalla sorella Marianna agli studenti che il 15 marzo (lo stesso giorno in cui dieci anni fa il giornalista di Donnici, appena quarantenne, ha deciso di lasciare questo mondo di ingiustizie e insoddisfazioni) riempivano Villa Rendano per il secondo dei momenti dedicati a lui e più in generale a una più ampia riflessione sul precariato. Non solo nel giornalismo. Non solo in Calabria.
«In dieci anni la situazione nei giornali e in generale nel mondo del lavoro non è migliorata e l’esempio di Alessandro Bozzo dimostra che lo sfruttamento intellettuale e la libertà di stampa sono temi, purtroppo, ancora attualissimi»: questo il refrain negli interventi incentrati sulle difficoltà di fare il cronista e sul precariato imperante non soltanto nelle redazioni.

Dieci anni in due giorni e tre tappe

L’anniversario della morte di Bozzo è stato un lungo e partecipato momento in tre tappe per analizzare il mondo del lavoro: il momento forse più sentito è stato proprio quello con le scuole superiori, il dialogo moderato dalla consigliera comunale di Cosenza con delega alla Cultura, Antonietta Cozza, alla presenza dell’assessore alla Cultura di Marano Principato, Lia Molinaro, e di Lucio Luca, autore del libro Quattro centesimi a riga. Morire di giornalismo (ed. Zolfo, 2022) e giornalista de La Repubblica che da anni segue il caso Bozzo, al quale aveva già dedicato un primo libro, L’altro giorno ho fatto quarant’anni (Laurana editore, 2018).

«Sento Alessandro come un amico – ha detto Luca – anche se non l’ho mai conosciuto, ed è difficile trovare una spiegazione a tutto questo. Probabilmente in lui mi rivedo in tante cose e, anche se non ci ho mai parlato, sono sicuro che mi ha insegnato molto anche professionalmente».
Con Marianna Bozzo c’erano i giornalisti Rosamaria Aquino ed Eugenio Furia, ex colleghi che hanno ripercorso le tappe della sua carriera arricchendola di aneddoti e insegnamenti sulla professione.

Chi era Alessandro Bozzo

Un ragazzo che piaceva a tutti, un leader già dai tempi del liceo scientifico in via Molinella: l’amore per la musica e gli U2 prima che diventassero famosi (essere sulla notizia è anche questo…), per il tennis e il Canada, per Gianni Clerici “lo scriba” e Irvin Welsh, per gli animali fossero un orso o un cardellino.
Il gusto di condensare una notizia nelle prime righe sarà il più grande lascito per una generazione di aspiranti cronisti che ancora lo ricordano e lo rimpiangono.

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Alessandro Bozzo in redazione

Alessandro era un finto burbero che dava fastidio a quelli che per semplificare chiamiamo «poteri forti»: spesso dalla sua parte politica ricevette minacce più o meno velate e querele. Nell’agone partitico e giudiziario si fortificava come il gladiatore che affrontava il “nemico” a viso aperto e muso duro. E in conferenze stampa non facili si permetteva il lusso della seconda domanda mentre attorno la claque lo indicava come il rompipalle di turno: «Ma quindi è l’ennesima congiura dei giudici?», e dall’altra parte magari c’erano amici del suo editore.

Presenti e assenti illustri

In platea, ad ascoltare questi aneddoti, gli studenti del liceo scientifico “Enrico Fermi” di Cosenza – lo stesso che lui frequentò negli anni 90 –, del Polo scientifico Brutium, delle scuole secondarie di Marano Principato e dell’istituto comprensivo di Cerisano.
«Mai più quattro centesimi a riga»: questo il messaggio rilanciato da Lucio Luca e dai relatori e già fatto proprio, peraltro, dal sindacato nazionale come battaglia comune.

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La mamma di Alessandro (in primo piano) e parte degli studenti delle scuole durante l’incontro a Villa Rendano

C’è stato chi ha considerato l’iniziativa una passerella, oppure ha deviato il dibattito sul fatto che lo stesso Bozzo si era affrancato dalla schiavitù dei “4 centesimi a riga”, come se il demansionamento e un contratto peggiorativo offertogli dall’editore per cui lavorava non rappresentassero una umiliazione dopo vent’anni di lavoro in quel settore.

L’omaggio di Cosenza

Nel pomeriggio del 15, intanto, il Museo dei Brettii e degli Enotri ha ospitato un dibattito a più voci proprio su libertà di stampa e ingerenze della politica nel lavoro delle redazioni, sulle querele temerarie e sul futuro dell’informazione.
Il sindaco di Marano Principato, Pino Salerno, e l’assessora Molinaro hanno ricevuto i saluti dell’amministrazione del capoluogo (il sindaco non ha potuto partecipare per il concomitante consiglio comunale sull’autonomia differenziata) mentre Raffaele Zunino con un accorato intervento ha aperto i lavori in rappresentanza del Circolo della Stampa “Maria Rosaria Sessa”.

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Lucio Luca firma una copia del suo libro

Moderati da Antonietta Cozza, accanto a Lucio Luca, Marianna Bozzo e Rosamaria Aquino sono intervenuti Francesco Graziadio, consigliere comunale e giornalista nonché ex collega di Bozzo, l’assessore comunale Veronica Buffone e la vice-sindaco Maria Pia Funaro. Hanno preso la parola anche i genitori di Alessandro, Franco Bozzo e Venere Ricca, e la zia Dora Ricca, mentre Roberto Grandinetti ha raccontato i suoi oltre vent’anni di professione facendo luce su soddisfazioni e delusioni vissute all’interno dei quotidiani locali a cavallo del nuovo millennio.
Toccanti le parole di Graziadio, che ha raccontato di come quegli anni abbiano lasciato anche molte macerie tra i rapporti umani prima che professionali di chi ha condiviso la vita di redazione in maniera totalizzante.

Un cunto per le scuole

La doppia iniziativa cosentina aveva avuto una sorta di “anteprima” domenica 12 marzo a Marano Principato, luogo in cui il giornalista di Donnici si tolse la vita: alle 18 nell’auditorium del centro di aggregazione giovanile “Cesare Baccelli”, l’attore Salvo Piparo e il musicista Michele Piccione hanno messo in scena la pièce Volevo solo fare il giornalista – La storia di Alessandro Bozzo tratta da Quattro centesimi a riga.
Il reading, che ricalca la forma del “cunto” siciliano aggiornandolo con i più riusciti esperimenti di teatro civile, era stato presentato in una versione embrionale al festival Trame di Lamezia Terme nel 2019.

Ora il monologo – nella versione arricchita dall’apporto di un polistrumentista – assume una forma più strutturata, e vanta già repliche in tutta Italia, dal festival delle Idee di Venezia al congresso nazionale della Fnsi, la Federazione nazionale della stampa, a Riccione. Qui il monologo dedicato ad Alessandro Bozzo è stato scelto come storia paradigmatica, nella speranza che il suo esempio «non rimanga confinato in Calabria ma diventi il simbolo del futuro sempre più a rischio dell’informazione».
A inizio 2023 lo spettacolo è stato replicato alla Camera del Lavoro di Milano, mentre al termine della replica di domenica scorsa l’amministrazione comunale di Cosenza ha preso l’impegno di riproporlo appena possibile in uno dei teatri della città, con il coinvolgimento delle scuole che si sono già mostrate molto sensibili all’argomento.

Alessandro Bozzo e mezzo secolo da celebrare

Con il sostegno dell’Istituto per gli Studi Storici, del Centro turistico Giovanile di Marano Principato, del Circolo della Stampa “Maria Rosaria Sessa” e della Fondazione Attilio e Elena Giuliani oltre che della libreria Raccontami, l’iniziativa ha segnato anche un’importante sinergia istituzionale tra l’amministrazione comunale bruzia e il centro appena alle porte del capoluogo, interessato da una rinascita culturale nella quale si iscrive la recente inaugurazione della biblioteca intitolata al geo-archeologo Gioacchino Lena.

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Alessandro Bozzo e il suo taccuino

Marano Principato è stato, peraltro, il primo soggetto a entrare nel patto intercomunale “Città che legge” approvato l’estate scorsa dalla giunta di Cosenza.
Le due giornate ospitate tra Cosenza e Marano Principato sono state un modo per celebrare i cinquant’anni di Alessandro Bozzo e ribadire che il suo esempio non deve essere dimenticato.

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