«L’investigazione condotta tra i vicini dimostra che è un individuo molto strano: si interessa soltanto di musica folk, è davvero poco affidabile e scontroso. […] Non dà alcun valore ai soldi, usa la sua proprietà e quella del governo con negligenza, praticamente non si cura del suo aspetto. […] Da una fonte confidenziale di informazioni è stato fatto sapere a questo Bureau che è un simpatizzante del Partito Comunista».
A molti di noi basterebbe anche meno per la voglia di averlo conosciuto, di averlo incontrato per caso, questo tipo indagato dall’FBI che negli anni ’50 girava la Calabria con un Bully, il mitico pulmino Volkswagen che da giovani ci faceva sognare la west coast e viaggi rapsodici alla Kerouac che l’importante è andare, finito pure sulle cover degli elleppì di Bob Dylan e Beach Boys.
Me lo immagino, stralunato, con quell’aria bonaria e un po’ fessacchiotta che a volte affibbiamo agli americani un nerd d’altri tempi, insomma. Uno dei più grandi etnomusicologi di sempre, mica un Carlo Verdone in Viaggio con papà, che faceva il suo lavoro con passione, fatta di racconti in cui perdersi a immaginare, se solo lo avessimo incontrato in una trattoria o sotto l’ombra di un albero. Alan Lomax da Austin, Texas, classe 1915, talmente innamorato del nostro Sud, dove gli rubarono persino i taccuini di appunti, da descrivere quell’anno in giro con il Bully, fra il 1954 e il 1955, come «l’anno più felice della mia vita».
Frase che ha dato il titolo ad un libro definito da Martin Scorsese nella prefazione «meraviglioso e delicato», che scorre al ritmo di quel blues italiano che erano i canti del sud: «Una donna era magra, con pazzi occhi marroni e capelli arruffati, distratta, non aveva avuto niente da mangiare per tutto il giorno; un’altra con la faccia scura da africana, la bocca larga, molti denti macchiati di nero. E cantarono per me la più commovente canzone che io avessi sentito in tutta Italia, una canzone che mi ricordò l’infinita pena dei neri del Missisippi e del Texas, che avevano cantato per me tanti anni prima», scrive Lomax accompagnando una fotografia presa fra le donne di Cardeto, dalle parti di Reggio Calabria.
Alcune di queste foto, scattate nella tonnara di Bivona nell’arco di quattro giorni, saranno in mostra presso l’ex Padiglione rotativa industrie Rubbettino, a Soveria Mannelli, in occasione dell’ottava edizione dello “Sciabaca Festival”: vernissage della mostra con Danilo Gatto e performance vocale di Felici & Conflenti giovedì 21 alle 18:30, con chiusura il 24 settembre. Un altro capitolo, fatto di un bianco e nero intenso quanto i volti di fatica antica, che si aggiunge al racconto dei tanti viaggiatori passati da qui, compresi quegli altri due americani, Mary Lee e Stanley Williams, che negli stessi anni ’50 girarono l’Italia in Topolino, una chiave narrativa più che un mezzo di trasporto.
PS: dopo la scelta esistenziale d‘u scienziato (dello scienziato) contemporaneo proveniente da Oxford, « l’anno più felice della mia vita» di un americano in Calabria è una dichiarazione che rischia di minare la sacrosanta litania quotidiana sulla valle di lacrime in cui ci è toccato vivere, al netto delle emigrazioni. Avanti così, e il Bar Sport, già orfano della Luisona, rischia di chiudere, eh!
Attilio Lauria