Cosenza è una città che ama la nostalgia: da inizio millennio in tantissimi rimpiangono il decennio di Giacomo Mancini.
Ma quanti sanno che l’evento pubblico più forte con cui la città dichiarò allora la propria voglia di cambiare e modernizzarsi fu una trovata di Franco Dionesalvi?
Il Festival delle Invasioni fu un’iniziativa forte e, a suo modo, rivoluzionaria. Grossi nomi del rock internazionale e convegni, mostre e proiezioni.
Un festival multimediale, pensato e realizzato quando l’espressione ancora non esisteva.
Fu la sfida del piccolo capoluogo calabrese alle kermesse storiche (Umbria Jazz, Villa Celimontana ecc.). Ma quell’esperienza è anche un mito incapacitante: Invasioni, dopo Dionesalvi (che tentò di riorganizzare il Festival nel 2014), è diventato un brand vuoto e incapace di ripetersi ai livelli delle origini.
Franco Dionesalvi, l’intellettuale della porta accanto
Dionesalvi non si nasce né ci si improvvisa. Per diventare Franco Dionesalvi occorrono tre cose: l’impegno, lo studio e la coerenza.
Classe ’56 e plurilaureato (in Giurisprudenza e Pedagogia), Franco aveva accumulato un’esperienza importante, tipica tra l’altro della sua generazione, in cui si mescolavano l’impegno politico, la produzione culturale e la passione civica.
A Firenze, dove conseguì, la prima laurea, aveva partecipato al Movimento del ’77 e agli Indiani Metropolitani.
Una volta tornato a Cosenza, Franco mollò quasi subito il mondo forense e si lanciò nell’iperattivismo culturale, tra teatro (la cooperativa sperimentale Nuova Immaginazione) la letteratura (il romanzo La maledizione della conoscenza) e poesia (in particolare, la rivista poetica Inonjia, fondata e redatta con Angelo Fasano e Raffaele De Luca).
Fu tra i primi obiettori di coscienza e, soprattutto, portò nella sinistra cosentina l’ispirazione libertaria delle esperienze del Centronord.
La poesia
Il vento libertario che ispirava Franco soffiava coi polmoni della poesia: in particolare, quella della Beat Generation.
La città socialista, grazie anche a lui, iniziò a sognare un po’ d’America, quando l’America era l’America, e a emanciparsi dai riti della partitocrazia di provincia e da certe suggestioni d’oltre cortina.
Non solo Invasioni
Il Festival è solo il prodotto più vistoso della creatività di Dionesalvi.
Il vulcanico assessore dell’era Mancini lasciò la sua impronta su iniziative più “solide”: a Cosenza, la Casa delle Culture, realizzata nell’antica sede del primo municipio, e a Rende il Museo del Presente. Entrambi concepiti come spazi aperti a disposizione di tutti i cittadini.
Due domande sono obbligatorie: quante persone hanno svolto (o partecipato a) iniziative in una delle due strutture? E quanti di loro sanno che quelle strutture furono ideate da Dionesalvi?
Franco Dionesalvi e la politica
Per Franco Dionesalvi la politica era un impegno ideale. Poco propenso a “sporcarsi le mani” con l’amministrazione e i suoi inevitabili compromessi, capitolò al corteggiamento serrato di Giacomo Mancini solo nel ’97.
E poi, terminata quell’esperienza, divenne un consulente “deluxe” della politica rendese e regionale. Ma rifiutò sempre l’impegno elettorale.
Sempre bonario, mai sussiegoso, concepiva la cultura come dialogo e parlava con tutti, soprattutto con chi criticava le sue idee.
Il ritorno di Franco a Invasioni fu un tentativo tardivo di ridare qualità a una città che cercava di recuperare qualcosa dei suoi anni d’oro.
Oltre la politica
I rimpianti e il cordoglio la dicono lunga: sui social si alternano Marcello Manna, l’attuale sindaco di Rende, e Sergio Crocco, storico capo ultrà e cuore pulsante de La Terra di Piero. Non sono mancate le condoglianze di Franz Caruso, il sindaco di Cosenza, e di Maria Pia Funaro, la sua vice.
E, con loro, tante persone che, in un modo o nell’altro, avevano conosciuto Franco.
Su tutto, troneggia l’immagine sorridente di Dionesalvi col sombrero, ispirata dal logo della storica rubrica che l’ex assessore ha tenuto per oltre un decennio sul Quotidiano, prima della Calabria e poi del Sud.
Si può lottare contro tutti e sopravvivere a tutto. Ma al destino ci si deve arrendere, specie quando si presenta nelle vesti di una malattia letale.
Franco si è arreso, non senza combattere, come nel suo stile.
Con lui se ne va forse l’ultimo pezzo significativo degli anni ’90. E non ci si deve meravigliare se, nel suo caso, al cordoglio seguirà l’ennesima nostalgia.
Ai suoi familiari e a suo fratello (e nostro collega de I Calabresi) Claudio, le nostre più sentite condoglianze.