Caruso vs Caruso, la spunta Franz: chi è il nuovo sindaco di Cosenza

Successo del candidato di centrosinistra nel ballottaggio per decidere il successore di Mario Occhiuto. Il ritratto del vincitore e quello del suo rivale

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Comunque sia, alla fine ha vinto un Caruso.
Nelle Amministrative finalmente al termine, Cosenza ha vantato la particolarità di due contendenti a sindaco con lo stesso cognome. La prima poltrona di Palazzo dei Bruzi va a Franz Caruso.
Una vittoria non facile per il campione di un centrosinistra a dir poco problematico, a cui si deve riconoscere il merito di aver saputo ricompattare il suo schieramento, che finora era diviso in due tronconi (quello che faceva capo a lui e quello che aveva scommesso su Bianca Rende) e di aver tirato dalla sua l’ex assessore occhiutiano Francesco De Cicco, a sua volta candidato sindaco nelle vesti di leader popolare e popolano.

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Franz Caruso sul palco del suo comizio finale insieme ad altri tre sfidanti del primo turno: Fabio Gallo, Bianca Rende e Francesco De Cicco
Il vincitore: una vita da socialista

Alzi la mano chi non ha trovato qualche riferimento a Franz Caruso nelle cronache cosentine e calabresi dell’ultimo ventennio almeno una volta alla settimana.
Avvocato di lungo corso e big dei penalisti calabresi, Caruso è quel che la vecchia retorica definiva “principe del foro”. Appartiene alla generazione di legali successiva a quella “classica” e azzerata dall’anagrafe, di cui furono esponenti di primo piano Orlando Mazzotta, Ernesto d’Ippolito e Fausto Gullo.

All’attività forense Caruso ha accoppiato sin da giovanissimo una passione politica viscerale, vissuta tutta sotto le insegne del garofano del vecchio Psi, poi della rosa di Nencini e di nuovo col garofano 2.0 dell’attuale Psi.
Questa ambivalenza spiega gli spazi più che generosi accordati dai media all’avvocato cosentino, presenza fissa delle cronache giudiziarie e presenza frequente di quelle politiche, dove affiorava periodicamente in occasione delle elezioni.

Da jolly ad asso da giocare

Già: Franz Caruso è stato il jolly delle Amministrative cosentine, una carta sempre esibita da quell’asse del centrosinistra che fa capo a Nicola Adamo e Luigi Incarnato ma mai calata con convinzione. Accadde, ad esempio, nel 2011, quando la candidatura di Caruso spuntò nel caos politico che seguì la fine dell’amministrazione Perugini e rientrò nel giro di pochi giorni. Alla fine, il Pd dilaniato dalla lotta intestina tra Adamo e Mario Oliverio, confermò Salvatore Perugini.

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Mario Oliverio e Nicola Adamo

Anche nel 2016 emerse, più timidamente, la candidatura dell’avvocato. Ma durò secondi, perché quell’anno il centrosinistra riuscì a far peggio della tornata precedente. Addirittura, risparmiò a Mario Occhiuto la fatica del ballottaggio.
Stavolta il jolly ha acquisito il valore di un asso, e da tale si è comportato. Con sole tre liste è riuscito ad arrivare al ballottaggio e ha dato un po’ di polvere agli altri avversari. Sia che avessero il suo stesso numero di liste (Rende) sia che, addirittura, avessero schierato interi quartieri (De Cicco e Civitelli).

Dalla panchina al goal

D’altronde non ci si improvvisa politici né avvocati. Chi lo ha visto in azione in Tribunale ne apprezza lo stile asciutto, tutto midollo e sostanza, con cui arringa i giudici e le corti senza averne quasi l’aria.
Stesso discorso per la comunicazione politica: forte ma mai ridondante e con quel po’ di retorica che non guasta mai.

Dopo anni di panchina politica, a volte sofferta a volte vissuta col sollievo di aver scansato il bagno di sangue, Franz Caruso è sceso seriamente in campo come centravanti di sfondamento. E ha segnato il goal decisivo, grazie anche a una strategia politica efficace.
E a chi gli ha detto che rappresenta il vecchio ha fatto capire che neppure il suo avversario, l’altro Caruso, era nuovo: alle sue spalle ha altrettanti vecchi.

Lo sconfitto

Un volto giovane per una coalizione stagionata. Il vicesindaco uscente Francesco Caruso è un occhiutiano di lungo corso, che ha respirato politica sin da bambino attraverso i polmoni del papà, il compianto Roberto Caruso, che fu deputato di Alleanza nazionale nella seconda metà degli anni ’90.
Mite, fine e garbatissimo, il giovane ingegnere è il classico bravo ragazzo di cui si innamorano le mamme con la speranza che i loro generi gli somiglino almeno un po’.

Francesco Caruso è entrato a Palazzo dei Bruzi quasi in punta di piedi ed è rimasto tra i fedelissimi di Mario Occhiuto anche durante la fine prematura dell’amministrazione precedente, caduta per un golpe di corridoio sei mesi prima della scadenza naturale.
Questa fedeltà politica gli è valsa prima la delega al decoro urbano (2017), poi l’ascesa a vicesindaco, dopo l’addio di Luciano Vigna, altra storica “spalla” di Occhiuto e, al pari di Caruso, proveniente dall’ex destra (quella vera).

Le deleghe di questi anni

I paragoni possono essere ingenerosi. Ma in politica si fanno e chi vuol azzardarne uno non può fare a meno di notare la differenza di stile tra i due “vice Mario”. Piuttosto forte e presenzialista Vigna, che ha gestito i conti di Cosenza per sette anni a botte di virtuosismi e rattoppi, molto pacato Caruso, a cui ora tocca la delega al Bilancio.
E con altrettanta pacatezza Caruso gestisce altre due deleghe: Riqualificazione urbana e Agenda urbana, che sommate e tradotte significano Lavori pubblici.

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Francesco Caruso e Mario Occhiuto durante la campagna elettorale

Difficile dire se Francesco Caruso sia una controfigura scelta dallo stato maggiore di Occhiuto per assicurare la continuità non solo dell’amministrazione ma anche del potere.
Di sicuro, il giovane ingegnere ha dalla sua un’immagine neutrale, che gli è tornata preziosa durante le negoziazioni dell’estate. Non a caso, il nome e il volto di Francesco Caruso sono stati spesi con una certa sicurezza solo dopo che i mal di pancia (ad esempio, quello di Fdi, che aveva ventilato la candidatura Pietro Manna), i dubbi e i giochini erano cessati.

Un vantaggio dilapidato

Ed ecco che, grazie a sei liste agguerrite fino ai denti, il “vice Mario” è arrivato al ballottaggio in scioltezza, forte di 14 punti di vantaggio sul suo avversario diretto, il quasi omonimo Franz Caruso.
Questo risultato prova per l’ennesima volta una regola non scritta della politica: le personalità non appariscenti (e quella di Francesco a volte sembra evanescente) piacciono agli addetti ai lavori e sono funzionali alle negoziazioni.

Tuttavia, le personalità forti attirano di più gli elettori. E questo spiega come mai Francesco sia arrivato alla sfida finale soprattutto grazie al sostegno delle liste. Poi Franz, personalità più forte e per questo divisiva, è comunque riuscito a giocarsi meglio la partita.
Essere vice paga. Ma non troppo.

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