I viaggiatori politicamente corretti si riconoscono subito, fanno tenerezza. Ricordano Silvio Orlando in Ferie d’agosto, quando cerca vanamente di isolarsi dai rumori, dalla cafonaggine e dall’invadenza dei suoi vicini. Tenta inutilmente di arginare il mondo reale, rifugiandosi in un paradiso naturale, senza acqua corrente né elettricità, che rivelerà, però, tutti i suoi limiti.
I viaggiatori motivati, informati, consapevoli non li incroci nei luoghi più affollati. Se anche dovessero transitare su un lungomare, o in un centro commerciale, non si farebbero notare. Vestono in modo sobrio, quasi dimesso. Non ostentano videocamere e altre apparecchiature elettroniche. Non si espongono neanche troppo agli sguardi, dato che il più delle volte sono pallidi per le ore trascorse sui libri più in voga, nei musei e nei teatri.
In un posto come Stilo, in provincia di Reggio Calabria, li individui subito, invece, perché spiccano in mezzo agli abitanti del borgo che ha dato i natali a Tommaso Campanella.
Stilo, la terra dell’utopia
Come accade in ogni paese del Sud, anzi in ogni meridione, i nativi osservano con sguardo compassionevole e divertito i viaggiatori che ammirano il paesaggio, rapiti dallo spettacolo. Per un nativo di Stilo quello è il panorama quotidiano, abituale, delle faccende di ogni giorno, lavoro, spesa, scuola, chiacchiere. Per un viaggiatore colto e curioso sbarcare a Stilo significa calpestare la terra dell’utopia, dove è nata la trama de La Città del Sole, la comunità perfetta immaginata dal filosofo.
Non per caso ha scelto di chiamarsi Città del Sole anche l’albergo che affaccia sul corso del paese, ricavato da un immobile sequestrato alla criminalità. Un posto confortevole, funzionale, di misurata eleganza, con un bel terrazzo a disposizione degli ospiti, che riposando lì possono rielaborare i pensieri affiorati alla mente durante le passeggiate tra le chiese e le case di Stilo. Tommaso Campanella fu rinchiuso per quasi trent’anni in un carcere dagli spagnoli, per aver organizzato una congiura contro il dominio straniero, da queste parti. A quei tempi spagnoli e baroni, oggi la ‘ndrangheta e i suoi legami con la politica.
Marulla e granite nel silenzio
Il luogo di maggior richiamo ovviamente è la Cattolica; oggi la piccola chiesa bizantina è inserita in un percorso che segnala eremi e chiese rupestri, per viaggiatori che amano muoversi a piedi o in bicicletta, un turismo lento e rispettoso dei luoghi e del silenzio che regna, un bene prezioso da tutelare.
Infatti intorno alla Cattolica i visitatori sono decisamente à la Silvio Orlando, ammiriamo la bellezza del sito e scrutiamo le pietre e le colonne, alla ricerca di una rivelazione misterica. Individuato come cosentino dal vigilante, vengo informato che il grande Gigi Marulla è nato a Stilo, il mio interlocutore è suo cugino. Non è proprio una rivelazione trascendentale, ma mi accontento. Sul calcio sono sprovveduto, devo compiere un percorso di iniziazione.
Unica concessione al consumismo, davanti all’ingresso dell’area della Cattolica, un piccolo chiosco di bibite e gelati, segnalato in rete per la bontà delle granite artigianali. Mi concedo pure io la granita, anche se sono arrivato in macchina. Cerco di essere un viaggiatore politicamente corretto, ma subisco tutto il fascino del turismo becero. Poi col caldo di fine estate non sarei mai arrivato vivo a Stilo, marciando attraverso la montagna, con le provviste in spalla, come i fieri escursionisti che mi circondano, sudati e soddisfatti.
L’eremo a Pazzano
Il direttore dell’albergo Città del Sole insiste, dobbiamo assolutamente visitare l’eremo di Santa Maria della Stella, a Pazzano, comune confinante con Stilo. Così lasciando Stilo elaboro un breve itinerario mistico-montano e ci avviamo.
Dopo pochi chilometri e tante curve arriviamo all’eremo, in una posizione meravigliosa, con una vista splendida sullo Ionio. Naturalmente arrivano alla spicciolata altri viaggiatori consapevoli, alcuni con bambini al seguito, che per ora subiscono i viaggi culturali imposti da mamma e papà, in attesa di diventare grandi e fuggire verso le discoteche dello sballo.
Cerchiamo di capire come accedere alla grotta, è stato organizzato un sistema di apertura con moneta, un euro a persona, come contributo per l’illuminazione e le pulizie del luogo.
Una signora piuttosto scorbutica non si degna di rispondere alle educate richieste di spiegazioni. Temiamo di rimanere rinchiusi per sempre nell’eremo, una volta entrati. Potrebbe essere pure una soluzione a tanti problemi della vita che tentiamo di lasciarci alle spalle andando per eremi bizantini. Vedo inconsapevoli bambini seguire fiduciosi i genitori nella grotta, quando capiranno i rischi a cui sono stati esposti saranno dolori.
Un viaggio nel tempo fino a… Bivongi
Ultima tappa a San Giovanni Theristis, nel comune di Bivongi. Un monastero bizantino riportato in vita da un monaco greco, partito dal Monte Athos per recuperare questo angolo di Medioevo dimenticato dai calabresi. Solita strada orrenda, soliti viaggiatori pazienti alla ricerca del sacro. Sembra davvero di viaggiare nel tempo, qui. I monaci non ci degnano, passano silenziosi attraverso il prato, immersi nelle proprie faccende. Caprette e galline negli spazi riservati alla vita quotidiana.
I monaci non colgono gli sguardi desiderosi di ascesi e incuriositi dei turisti pellegrini dello spirito. Si comportano sempre così, forse la loro regola li obbliga a mantenere le distanze. Non si coinvolgono come i sacerdoti cattolici, sempre in mezzo alla gente, a sbracciarsi nell’accoglienza e nell’inclusione delle pecorelle smarrite (sennò papa Francesco li rimprovera), a mostrarsi comprensivi e indulgenti verso le magagne dei peccatori. I monaci ortodossi, mi pare, non si fidano dei cattolici, custodiscono ancora la memoria della crociata del 1204, quando i cavalieri con la croce, anziché attaccare i musulmani, saccheggiarono Costantinopoli e le sue chiese. Certo che dopo ottocento anni potrebbero pure metterci una pietra sopra. Poi non credo ci siano molti cattolici praticanti tra i visitatori degli eremi sperduti.
Via dal paradiso
Andiamo via consapevoli che il paradiso terrestre per ora non possiamo permettercelo, ci tocca tornare nella vita quotidiana. Sosta a Monasterace Marina per qualche conforto materiale. Spiagge affollate, musica ad alto volume, corpi abbronzati ed esposti impudicamente, pure quando le pance e i culi cascanti richiederebbero veli pietosi. Sempre il solito dilemma, godersi i beni terreni più immediati o faticare per distaccarsi dalle miserie del mondo? Ci vorrebbe un consiglio bibliografico di Tommaso Campanella. Durante i trent’anni di carcere avrà avuto modo di chiarirsi tante questioni per noi ancora irrisolte.
Intanto ci tocca la statale 106, un purgatorio moderno.