Spaesati, dimora per vite mobili

Un libro scritto dai sociologi Massimo Cerulo e Paolo Jedlowski. A tratti superando quel che resta degli entusiasmi del pensiero meridiano

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Alcune foto valgono più di mille parole. Più di mille battute si dice(va) nelle redazioni giornalistiche dell’era cartacea. Una in particolare resta nell’immaginario di una regione e di un Sud dove l’esodo prosegue la sua corsa con numeri drammatici: la stazione dei pullman di Cosenza presa d’assalto da chi accompagnava giovani e meno giovani in cerca di un futuro, di studio o lavoro, altrove. Il rito della spartenza, termine ormai entrato nel vocabolario quotidiano, rappresenta sia la sofferenza di chi lascia un pezzo di vita qui, sia la lacerazione di chi rimane. Spartenza è una delle parole che abitano Spaesati (Il Mulino, 2023), libro scritto da due scienziati sociali come Massimo Cerulo e Paolo Jedlowski. Ma non se ne fa un uso pietistico e meridionalistico. Tutt’altro.

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Massimo Cerulo è professore ordinario di Sociologia generale all’Università “Federico II” di Napoli

Se partire è un po’ morire, non farlo rischia di essere peggio. Certo, il concetto di restanza dell’antropologo Vito Teti ha trovato un seguito numeroso nei tanti teorici (spesso accomodati bene) della Calabria felix. Massimo Cerulo – professore ordinario di Sociologia all’Università “Federico II” di Napoli che insegna pure all’Université Sorbonne Paris Cité – smonta questa retorica nata attorno alla restanza: «Una visione troppo romantica» con la tendenza a giustificare l’ingiustificabile di un Sud che «ci ha ostracizzati, cacciati via, asfissiati».
«Forse la spartenza è stata una fortuna» – scrive di se stesso. E cosa ne facciamo della terra dei padri come recita uno slogan prêt-à-porter in voga quaggiù? Al Sud «ci si può tornare. Poi è necessario ripartire, abbandonarlo. Senza voltarsi indietro». Può sembrare impietoso. In parte è così. Qualcuno doveva pur rimodulare l’illusione prodotta dal Pensiero meridiano di Franco Cassano. Non siamo in presenza di un antimeridionalista militante come Giorgio Bocca. Cerulo, al contrario, confessa il suo amore senza limiti in un passaggio del libro, quando «il treno arriva a Paola… In un tardo pomeriggio di maggio, sul mare… Il Sud ti esplode in petto». Non serve aggiungere altro.

Meravigliosi ossimori

Eccoli i meravigliosi ossimori del meridione, i paradossi a cui si aggrappano le eccezioni che confermano la regola. Si pensi al milanese Paolo Jedlowski, coautore del libro, professore ordinario di Sociologia generale all’Università della Calabria fino a poco tempo fa. Sua moglie, la sociologa Renate Siebert, vive a Roma. Il resto della sua famiglia sparsa tra l’Italia e la Francia. La sua vita da prof sempre in movimento. Inevitabile chiedersi dove è casa? Una domanda tipica delle vite mobili analizzate nel libro. Che non sono quelle dei viaggiatori, dei migranti, dei turisti. Ma di chi abita spazi e tempi diversi, fuori dalla stretta esigenza del piacere o della necessità. Orizzonti disintegrati al sapore della spaltung (scissione) freudiana.

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L’ultima lezione (sul suo amato Walter Benjamin) del prof Paolo Jedlowski all’Università della Calabria

Un po’ come per i nomadi casa è «l’insieme di memorie condivise», il «racconto». Il Racconto come dimora, guarda un po’, è proprio un libro dello stesso Jedlowski dedicato alla monumentale Heimat del regista tedesco Edgar Reitz. E Nostalgia di terre lontane è il titolo di un episodio di quella saga in celluloide. Ci ricorda che casa non è per forza un concetto stanziale, vicino, prossimo. Almeno per chi vuole vivere molte vita in una sola, come fa notare Cerulo, editorialista dell’Huffingtonpost.it. Gli inglesi dicono larger than life.

Vivere “tra”, spaesati in un perenne stato d’eccezione non è per niente facile. A volte si cerca rifugio, ci si sente a casa in una biblioteca, nel solito bar in aeroporto, in una caffetteria della stazione. Luoghi terzi – ampiamente studiati dal prof della “Federico II” – in cui ritrovare le coordinate, sopravvivere alle apocalissi culturali, alle microfratture del senso. In uno degli ultimi capitoli Massimo Cerulo ricalibra lo spaesamento di Ernesto de Martino, adattandolo alle vite mobili. Crisi della presenza e ricomposizione si alternano anche qui, dove la grammatica dell’andirivieni riconfigura certe esistenze inquiete per natura e per scelta.

“Spaesati”, un libro di Paolo Jedlowski e Massimo Cerulo (Il Mulino, 2023)

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