Silvestra Sesini, dagli orrori nazisti all’amore per Siderno

"Cum panis... condividere lo stesso pane" è il titolo dell'opera andata in scena per ricordare il messaggio di solidarietà dell'ex partigiana di Biella che si innamorò della Calabria dopo la perdita dei suoi cari per mano delle SS

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Cum panis… condividere lo stesso pane: il titolo calzante per lo scritto di Antonella Iaschi e per la serata dedicata a Siderno alla memoria di una donna. Si chiamava Silvestra Tea Sesini e ha vissuto più vite, ma con una costante: la condivisione col prossimo delle sofferenze, delle lotte, delle vittorie e delle sconfitte. Da antifascista, da partigiana, da attivista nella politica e nel sociale dopo la débacle del regime. Fino agli ultimi anni passati, lei nata a Biella come Silvia Francesca Luigia Tea, a Siderno.

L’incontro è stato voluto dalla sezione ANPI insieme alla Federazione Italiana Teatro Amatori e all’associazione Il Gabbiano, col patrocinio del Comune di Siderno rappresentato dall’assessora Francesca Lopresti. Dopo l’introduzione di Federica Roccisano, la scena l’ha dominata in modo sublime l’attrice Daniela Bertini, con la regia di Daniele Matronda. Grande merito va attribuito ad Antonella Iaschi, poetessa e scrittrice che, come Silvestra Sesini, ha scelto di lasciare il Nord Italia per venire a vivere a Roccella Jonica.

Il marito, l’amica e i nazisti

Il suo testo – liberamente tratto da scritti della stessa protagonista, di Rosalba Topini e di Domenico Romeo – si apre con lo sguardo di Silvestra che scruta il mare. Pensa al marito Ugo Sesini, ebreo antifascista che finì i suoi giorni nel 1944 a Gusen, dopo l’internamento a Mauthausen.
«Padre del mio unico figlio, compagno di vent’anni della mia vita», così lo ricorda Silvestra nella versione di Antonella Iaschi. «Sapessi, Ugo, quanto è stato difficile, continua, (…) rapportarmi con un figlio orfano senza fargli mancare il padre, senza fargli sentire la mia solitudine».

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L’ingresso del campo di Mauthausen

Poi la mente di Silvestra si volge all’amica Anna Maria Enriques, chiamandola con il cognome paterno negatole dalle leggi razziali. «Compagna di studi, di stanza, di ideali, di conquiste, di paure e di dolori, donna e partigiana disarmata, lottatrice coraggiosa che nemmeno le più atroci torture naziste hanno piegato».
Antonella Iaschi rende bene lo struggimento della partigiana Silvestra Sesini che scrive «sulla battigia due date: i giorni in cui vi ho perso per sempre fisicamente, ammazzati come bestie dai nazisti, ma un’onda più saggia le ha cancellate (…) quelle date non sono nulla nel calendario delle nostre vite. Il ricordo delle ore trascorse insieme è il campo che ho a disposizione per coltivare frutti buoni. Per la cancrena nazista ho perso il vostro corpo, i vostri sguardi, i vostri abbracci, la vostra voce, ma non la forza di portare avanti i NOSTRI valori».

Condividere lo stesso pane

Silvestra – Antonella è tormentata. Non è sicura che quello successivo alla Liberazione sia stato e sia un tempo di pace effettiva, o solo un’apparenza. «(…) in realtà quella Pace non è mai nata se ancora esistono la fame e gli stenti, l’ignoranza e la sottomissione alla violenza sia nelle case che nelle strade. Se ancora nel mondo esistono decine e decine di guerre altre. In realtà quella libertà è un’apparenza e lo sarà fino a quando un solo bambino, un solo essere umano dovrà patire sopraffazioni e stenti».

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Silvestra Tea Sesini

Solo la morte riesce a separare le due amiche. Silvestra Sesini, grazie a «un provvidenziale trasferimento all’infermeria di Regina Coeli» prima della fucilazione, si salva. «La tua sorte, invece, ha calato la sua falce arrugginita sui tuoi 37 anni (…). (Le SS) ti hanno ammazzata con la pistola insieme ad altri partigiani. Tu che avevi scelto l’Amore e la Resistenza disarmata».
Per sopravvivere al dolore immenso della morte di due persone così care e vicine, Silvestra sceglie l’unica strada che sente sua fino in fondo, di fare ciò che può rinvigorirla e in parte consolarla: «Ogni giorno della mia vita è e sarà impegno, devoto agli ideali e disobbediente all’indifferenza. Come eravamo noi. Cum panis. Condividere lo stesso pane».

Silvestra Sesini e Siderno

Ed ecco, infine, l’approdo di Silvestra Sesini a Siderno, nel 1958. Nelle parole che Antonella Iaschi attribuisce a Silvestra, tutto l’amore per questa terra. E certo non è un caso che, ispirandosi a Silvestra, a scriverle sia una donna che ha sperimentato la stessa emigrazione “al contrario”.

«A inizio estate qui al Sud l’erba è già imbiondita ma ancora non è bruciata dal sole, i fichi d’India sono puntellati di fiori gialli, i gelsomini sbocciano per le mani veloci delle raccoglitrici mentre decine e decine di fiori spontanei crescono indisturbati. Se questa terra non fosse dimenticata dallo Stato, maltrattata da persone senza scrupoli, e tenuta nell’ignoranza da un sistema scolastico non sufficiente, le sue bellezze la farebbero diventare uno scrigno d’oro. Come d’altronde era un tempo.

Qui il destino mi ha concesso di nuovo l’emozione grande di incontrare chi non avendo nulla, nemmeno i diritti primari, ti apre il cuore e si affida, senza sapere che sei tu ad affidarti a lui. La gente che si ferma a parlare con me per le strade, in piazza, al mercato, che mi racconta i propri problemi mi ha fatto diventare semplicemente e unicamente Silvestra, una di loro. (…) Questi cieli infinitamente blu, questo mare che sa essere piombo, smeraldo, ametista e turchese, questo arenile dove ogni orma mi dice “sei viva, vai avanti,” mi hanno regalato la consapevolezza di quello che ancora vorrei. È stato talmente facile innamorarmene e decidere di restare».

Il testamento di Silvestra Sesini

Ormai anziana, Silvestra Sesini esprime la sua volontà ultima, dando l’ennesima prova di come il nostro andrebbe conservato come mare di vita – non di morte come accade troppo spesso – per come riesce a penetrare nell’anima delle persone che gli si avvicinano: «Voglio che la mia tomba sia rivolta verso il mare. Sì, questo è il mio testamento. Affido ai Sidernesi il mio desiderio di guardare ancora una volta, anzi per sempre, il mare».

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