La Calabria rappresentava un luogo giusto per le personali indagini e riflessioni antropologiche di Pier Paolo Pasolini. Una regione che, insieme a tutti i sud del mondo, incarnava la memoria e l’identità collettiva. Non una collocazione strettamente geografica, ma una precisa connotazione storica che identifica il tempo della pre-storia, in contrapposizione con il tempo della dopo-storia, colpevole di una profonda crisi della cultura iniziata negli anni ‘50 del ‘900, in un momento storico in cui l’Italia si avviava verso quel processo di mutazione antropologica capace, secondo Pasolini, di trasfigurare completamente la realtà.
Pasolini in Calabria: dal reportage ai Comizi d’amore
Il viaggio di Pasolini in Calabria inizia già nel 1959, quando per la rivista Successo, attraversando le spiagge di tutta la penisola, realizza un lungo reportage per raccontare l’Italia del cambiamento e della tradizione, divisa tra borghesia e classe operaia. Ritornerà nuovamente tra marzo e novembre 1963 per il film documentario Comizi d’amore. Attraverso una serie di interviste si raccontavano i pregiudizi su temi scottanti come la sessualità, l’aborto e il divorzio. Sulla vicenda giudiziaria, successiva all’affermazione di Pasolini che definì Cutro come una terra capace d’impressionarlo, con i suoi banditi come si vede nei film western, molto è già stato scritto, ma tanto resta ancora da dire sugli incontri di Pasolini in Calabria.
De Martino e Pasolini: la Calabria del Premio Crotone
Nel 1959, in occasione del Premio Crotone, un concorso letterario istituito nel 1952, su delibera dell’amministrazione comunale guidata dal PCI di Silvio Messinetti che, a sua volta, aveva ricevuto indicazioni dal segretario regionale Mario Alicata, Pasolini era a Crotone per ritirare il prestigioso Premio. Proprio lì Pasolini incontra l’antropologo Ernesto De Martino, con il quale condivideva la visione di una fine del mondo, vista come disgregazione, annientamento dell’unità e delle strutture sociali e culturali, intesa secondo una forte matrice marxista non teorica o etica, ma esclusivamente di radice umanistica.

Se è vero che La fine del mondo di De Martino fu pubblicato postumo nel 1977, Pasolini ebbe modo di coglierne appieno le suggestioni, attraverso un articolo che ne anticipava le tesi: Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche, pubblicato sulla rivista Nuovi Argomenti nel 1964, di cui Pasolini era condirettore insieme ad Alberto Moravia.
Nel ‘59 la giuria del Premio Crotone era composta da personaggi come Ungaretti, Gadda, Mondadori, Sciascia, Bompiani, Repaci, Bassani e Moravia.
Sud, magia e vite violente
Al culmine di numerose polemiche dovute all’omosessualità di Pasolini, della quale non fece mai mistero, la giuria premiò il suo romanzo Una vita violenta a pari merito con il saggio antropologico Sud e Magia di De Martino, destinato a raccontare il ruolo della magia nelle società primitive, quindi in un Sud ancora legato a una certa ritualità. Da questo possiamo comprendere, quanto il confronto culturale tra i due era concentrato sui temi di cultura popolare.

E, indubbiamente, le teorie di Pasolini e De Martino sono rintracciabili, con le dovute differenze tra prospettive simboliche e potere distruttivo del capitale, in un’unica visione legata alla cultura popolare. Pasolini nel ricevere il premio dichiarò alla giuria che i protagonisti del suo romanzo, sebbene fosse ambientato nella capitale, facevano parte del Mezzogiorno d’Italia. Per questo motivo era giusto che a Crotone, i protagonisti, trovassero la giusta comprensione e accoglimento.
Mario Gallo e il mago
La rilevanza simbolica di una cultura radicata in un universo contadino si concretizza anche attraverso la realizzazione di alcuni cortometraggi improntati sui richiami della cultura contadina del Salento e della Calabria. Fin dal 1958 collabora con il documentarista, giornalista, produttore cinematografico, critico e regista calabrese, Mario Gallo. Insieme realizzeranno un cortometraggio della durata di circa dieci minuti, dal titolo Il Mago.
Il corto racconta la storia di un mago cantastorie, lo stesso Mario Gallo ne riassume il contenuto con semplici parole: «Nella vecchia Calabria sopravvivono vecchie abitudini, vecchi canti d’amore, di lavoro, di morte, vecchie figure; tra queste il mago. Egli se ne va in giro per le campagne recitando tutto solo davanti alle famiglie di contadini vecchie storie di paladini, dame e draghi. E così si guadagna un pezzo di pane».
Il mago è un saltimbanco che, recitando tutte le parti del dramma o della commedia, riusciva a far piangere o ridere i contadini strappando così loro delle provviste. Non c’erano sceneggiature o dialoghi, l’attore protagonista improvvisava. Il corto sarà poi proiettato nel 1959.
Pasolini torna in Calabria: Il Vangelo secondo Matteo
Il suo incontro con un Sud ancora arretrato lo spinse ad una visione che possiamo definire di presagio della storia degli ultimi anni. Grazie ad essa riuscì a cogliere le insidie della globalizzazione, che lo portarono a vedere il Mediterraneo come il luogo dei grandi conflitti religiosi, culturali e sociali. Nella poesia Profezia parla delle coste calabresi, descrivendo l’arrivo di migliaia di uomini pronti a sbarcare sulle coste di Crotone o di Palmi. In questo Sud Pasolini riesce a ritrovare gli elementi in grado di mescolare sacro e profano, religione e laicità, insieme all’empatia del sentire umano. Questi sono i motivi che lo spingono a girare le scene del suo Vangelo secondo Matteo nell’Italia del Sud.

Effettua le riprese nella terra incontaminata e sconosciuta come la Basilicata, facendo conoscere le bellezze dei Sassi di Matera, ma arriva anche sulle spiagge della Calabria, sulla costa Ionica che conosceva fin dai primi anni ‘50. Pasolini portò Il Vangelo secondo Matteo sulla spiaggia di Le Castella, frazione di Isola Capo Rizzuto, in quei luoghi già visitati in occasione del Premio Crotone. Si tratta di un capolavoro della cinematografia italiana del 1964, giudicato dall’Osservatore Romano il miglior film su Gesù mai girato.
Un viaggio nel tempo e nella storia dell’arte
Il regista utilizza il paesaggio della costa Ionica per costruire una sorta di viaggio nel tempo, una traccia del passato, qualcosa che, con i suoi riti e i suoi miti rischia di scomparire. Pasolini colloca la Calabria in diretta relazione con le culture del passato che l’hanno attraversata, preferendola addirittura alla Palestina ritenuta ormai troppo modernizzata, inadatta ad accogliere le scene de Il Vangelo. La Madonna incinta nella scena iniziale è Margherita Caruso, una giovane quattordicenne di Crotone. Nella scena è evidente il rimando alla Madonna del Parto di Piero della Francesca. Altrettanto chiari sono i richiami iconografici in tutti i fotogrammi del film.

Non bisogna dimenticare che Pasolini fu allievo del critico d’arte Roberto Longhi e l’arte visiva resterà sempre parte integrante di tutto il cinema pasoliniano. Enrique Irazoqui, l’attore spagnolo che nel film interpretava Gesù, cammina sulla spiaggia di Le Castella, alle sue spalle la fortezza, risalente al 400 a. C., collocata su un piccolo lembo di terra in uno dei tratti più suggestivi dell’Area Marina Protetta di Capo Rizzuto.

Pasolini e la Palestina in Calabria
Nella campagna di Salica, frazione del comune di Crotone, è girata la scena di Gesù che dice ai discepoli di seguirlo, ma è necessario che ognuno prenda su di sé la propria croce. Nello stesso punto era girata la scena di Gesù che guarisce lo storpio e viene rimproverato per aver compiuto il miracolo nel giorno del sabato. La spiaggia del lago di Tiberiade, dove Gesù incontra per la prima volta i futuri discepoli e li invita a seguirlo, è la spiaggia di Irto, a ridosso di Capocolonna e del promontorio di Hera Lacinia, dove si trova la colonna di età ellenica. Una foto accanto ad essa, in occasione del Premio Crotone del ’59, immortala Pasolini in Calabria insieme alla giuria.