Meridiani d’Arbëria: il museo diventa comunità a Pallagorio

Storia, tradizioni e digitale nella Calabria poco battuta. Il racconto di Muzé in provincia di Crotone. E le incursioni culturali di Instaruga

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Un cittadino dona una casa a un gruppo di ragazzi un po’ cresciuti e con la voglia di rischiare. La sistemano tra mille difficoltà e di tasca loro. Diventa un museo. Con questi pochi ed essenziali gesti nasce nel 2021 Muzé a Pallagorio, in provincia di Crotone. Una collina sullo Jonio, il mare che ha spinto e portato i greci ad occidente.

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Una delle stanze del museo Muzè a Pallagorio, in provincia di Crotone

Muzé: museo e comunità

Muzé è un presidio di cultura e idee in terra arbëresh: un pezzo d’Europa, quella del margine, dell’entroterra, dell’osso. Nulla di statico. Migrazioni, spostamento e contaminazione si condensano nel cammino di tre paesi a pochi chilometri l’uno dall’altro: Carfizzi, Pallagorio, San Nicola dall’Alto. La bellezza fonetica e levantina dell’Arbëria crotonese contro il logorio della Calabria dei luoghi comuni: peperoncino in primis. Una specie di etichetta che ritrovi ovunque. Al di là della indiscutibile bontà a tavola, ha un po’ rotto le scatole.

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Gruppo musicale arbëresh a San Nicola dall’Alto (foto pagina facebook Fili Meridiani)

Immagini, abiti tradizionali, oggetti del quotidiano accompagnano il patrimonio immateriale e più importante di questo museo a Pallagorio: libri, idee, incontri, persone sedute in circolo, gente che si parla.
Più che uno storytelling (parola accantonata pure da Christian Salmon, uno dei suoi primi utilizzatori) si tratta di viaggio rituale e visuale nel passato. La comunità torna al suo atto fondativo: nel XV secolo il condottiero dell’Albania ancora cristiana Giorgio Castriota Skanderbeg porta il suo popolo in salvo dalla furia ottomana. Elemento chiave della cultura arbëresh, celebrato ogni anno nelle danze circolari chiamate vallje.

Fili meridiani: da Cambridge a Pallagorio

L’idea di Fili Meridiani nasce in piena pandemia dopo una serie di incontri on line sulle piattaforme ormai entrate nel lessico famigliare di tutti. Ursula Basta è un architetto che, dopo gli studi a Firenze, ha vissuto e lavorato alcuni anni a Cambridge. Ha deciso di tornare nel paese dei genitori e dei nonni e lanciare insieme ad altri tre amici questo laboratorio di pensieri e innovazione. Lei ha già in mente il nome. Ispirato dal Pensiero meridiano del sociologo Franco Cassano.
Fabio Spadafora ha frequentato Scienze politiche all’Unical. Si è occupato di comunicazione e analisi politica. Ma con una fidanzata di Pallagorio, non lontano dal paese dello scrittore Carmine Abate, non poteva che essere coinvolto nel progetto. Gli altri sono il videomaker e fotografo, Ettore Bonanno e la grafica Francesca Liuzzo. Dei tre solo Fabio non ha origini arbëresh: un cosentino con una madre presilana, cosa che rivendica con orgoglio. Ma la Calabria è una terra di mescolanze, di diversità intrecciate.

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I calanchi del Marchesato

Instaruga

Instaruga è un progetto di promozione turistica del Marchesato crotonese. Unisce associazioni, guide e cittadini. Ed è pure una piattaforma digitale. Il nome fa pensare subito a Instagram. Ma non è così. C’è altro. «In‘sta ruga significa “in questa ruga”, dentro il vicinato, dentro i paesi, dentro la Calabria». Così si legge sul portale web di Fili meridiani. Che passano con estrema facilità dalle gjitonie agli algoritmi della comunicazione social.

Alternano escursioni nei calanchi di Cutro oppure scorribande tra le vigne del Cirò. Piccole meraviglie del Crotonese per chi vuole uscire fuori dai percorsi turistici troppo noti e battuti. Alla ricerca di tanti piccoli fili meridiani disseminati nelle calabrie nascoste.

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