«Quando a Cariati hanno chiuso l’ospedale è stato come se avessero chiuso la Fiat». L’amarezza di Cataldo Curia, attivista del comitato Le Lampare Basso Jonio Cosentino, la dice tutta. Perché, oltre a garantire il diritto alla salute, il nosocomio del piccolo centro sulla SS 106 assicurava anche tanti posti di lavoro. Un presidio economico e sociale importante per molti medici, infermieri e personale sanitario della zona.
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Quando ha aperto, nel 1978, era una struttura così all’avanguardia che chi era già emigrato al nord decideva di tornare a Cariati per partorire “a casa”. «Mia madre abitava a Bolzano e decise di farmi nascere all’ospedale di Cariati perché all’epoca era una struttura all’avanguardia», rivendica emozionata una giovane donna, all’uscita dal cinema San Marco di Corigliano Rossano. È il 6 dicembre e ha appena visto la seconda anteprima nazionale del film documentario C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando, dei registi Federico Greco e Mirko Melchiorre, prodotto da Studio Zabalik.
C’era una volta l’ospedale a Cariati
I due film-maker romani hanno scelto di iniziare proprio dalla punta dello Stivale, con tappe a Reggio e Rossano, il tour di questo “western” sulla distruzione della sanità pubblica in Italia. Un richiamo a Sergio Leone in salsa calabra, a partire dalla chiusura dell’ospedale di Cariati con la «resistenza epica» dei cittadini che lo hanno occupato durante la pandemia per chiederne la riapertura.
C’era una volta in Italia è a tutti gli effetti il sequel di PIIGS, del 2017, film narrato da Claudio Santamaria, che racconta gli effetti nefasti delle politiche di austerity sul caso specifico del lavoro della Cooperativa sociale Il Pungiglione di Monterotondo (Rm).

Stavolta Federico Greco torna alle origini. «Mio padre era di Crotone – ricorda il regista – e ho riscoperto questa terra filmandola». Si trovavano proprio nel capoluogo pitagorico, con il collega Melchiorre, e stavano facendo riprese per Emergency all’ospedale dove era appena arrivato Gino Strada per gestire il reparto covid.
Lì vengono a sapere dell’occupazione dell’ospedale di Cariati e vanno subito a capire cosa stesse accadendo. «Non ricordo altre occupazioni di un ospedale prima d’ora – spiega Melchiorre – e ci ha colpiti il coraggio e la tenacia di questi cittadini, giovani e anziani insieme, che sono andati avanti a testa alta e con pazienza per rivendicare il diritto alla salute».
Così è successo che il film è diventato parte integrante dell’occupazione. «Abbiamo seguito – spiega Greco – la lotta delle Lampare per molto tempo. Infatti abbiamo narrato sia i momenti duri, tristi, sia quelli molto entusiasmanti». Come l’appello di Roger Waters, proprio durante la loro intervista. «Le sue parole, come avete visto, sono finite su tutti i telegiornali e l’ospedale di Cariati è diventata una questione internazionale».
Proprio come il documentario che, nel solco di PIIGS, segue il doppio binario glocal.
Come distruggere la sanità pubblica
Si parte dalla storia di un piccolo territorio e gli effetti delle politiche globali su di esso. La privatizzazione della sanità e il Washington Consensus, le dieci raccomandazioni dell’economista inglese John Williamson al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale e al Tesoro degli Stati Uniti, che puntavano alla liberalizzazione del commercio estero e del sistema finanziario, con l’obiettivo di attrarre capitali stranieri nei PVS (Paesi in Via di Sviluppo) per condizionare l’intervento statale nell’economia.
Poi la riforma del Titolo V della Costituzione italiana, nel 2001, che di fatto trasforma il Sistema Sanitario Nazionale, in un sistema sanitario regionale, aggravando le grandi disparità economiche e sociali tra Nord e Sud Italia e la conseguente emigrazione sanitaria da quest’ultimo verso il centro-nord.
Come risultato, documentato nel film, un’ambulanza privata della Misericordia, che si inerpica di corsa e a fatica sulle strade dissestate dell’entroterra jonico «che sembrano bombardate», fa notare Greco, per andare a prendere con la barella una persona nel paesino di Scala Coeli. «Abbiamo voluto mostrare, a chi calabrese non è, cosa significhi essere costretti a percorrere anche poche decine di chilometri dissestati in questi luoghi abbandonati, nella rincorsa al primo Pronto Soccorso vicino».
Indonesia, Cile, Calabria: a ciascuno la sua Giacarta
Il “metodo Giacarta” fu il massacro di comunisti nel genocidio in Indonesia deciso dal generale Suharto nell’ottobre 1965. Si replicò in Cile, quando per le strade di Santiago comparirono le scritte Ya viene Jacarta, un disegno mortale contro il presidente democratico Salvador Allende (e i suoi sostenitori), ucciso dal golpe militare di Pinochet l’11 novembre 1973.
Giacarta, inteso come massacro dei diritti sociali, a partire dalla salute, è arrivata anche in Calabria. C’è una data precisa che lo testimonia e ringraziamo la collega giornalista Giulia Zanfino per averci concesso le immagini dell’intervista a Roberto Occhiuto, allora neoeletto deputato Udc, oggi presidente della Regione Calabria e commissario straordinario della Sanità calabrese.

Il 9 ottobre 2010 sedeva in prima fila nel gremito Teatro Morelli di Cosenza, dove l’ex presidente Scopelliti presentava il piano di rientro dal debito sanitario. Occhiuto rivendicava la riforma e i tagli: «Oggi spieghiamo ai cittadini e agli operatori del settore che la sanità non può più essere un baraccone per alimentare clientele». E ancora: «Si possono tagliare i posti letto per impedire i ricoveri impropri e investire, allo stesso tempo, nella medicina territoriale, perché la qualità dei livelli essenziali di assistenza sia garantita a tutti».
Su la testa
Ma Giacarta arriva e non perdona. Solo che, anche in un territorio spopolato e spolpato come la Calabria, c’è chi non ci sta e si mobilita. E richiama l’attenzione di chi calabrese non è, ma coglie l’importanza di certe storie e decide di raccontarle, «anche se rischiano di vendere poco», spiega Alessandro Pezza, di Studio Zabalik, produttore del film. «A noi – precisa – piace il cinema scelto dagli spettatori e non imposto dalle case di produzioni. Ci siamo innamorati di questa storia perché i ragazzi dell’ospedale di Cariati hanno alzato la testa contro le ingiustizie e sono un esempio da seguire. Con questo film speriamo di farci anche portavoce dei diritti dei calabresi. Del resto, ormai ci sentiamo un po’ calabresi anche noi».
Nell’attesa che arrivino risposte certe sulla riapertura completa dell’ospedale, continuano le proiezioni del film con la lotta delle Lampare del Basso Jonio Cosentino contro Giacarta “mani di forbice”. Le prossime? Il 12 dicembre al cinema San Nicola di Cosenza alle 20 e al Nuovo Olimpia di Roma alle 21. Il 13 dicembre, sempre a Roma, ore 21, cinema Giulio Cesare.