Sono belle le donne raccontate da Omero, attraverso l’arte della tessitura e la cura della casa conquistano gli uomini e restano fedeli ai mariti. Altre s’innamorano follemente di un uomo che appartiene a un’altra donna e lo trattengono su un’isola lontana. Sono donne lussuriose e c’è anche una maga seduttrice che trasforma gli uomini in maiali; donne come modelli da seguire e altre come esempi da respingere. Donne che ci parlano ancora con tutta la forza di una narrazione che affonda le sue radici nel mito, quello capace di esplorare interiorità personali e collettive.

Le donne di Omero
Le Voci delle Donne di Omero ci raggiungono attraverso un reading teatrale che, partendo dal mito, ripercorre le sensazioni dei personaggi femminili di Iliade e Odissea. Emozioni racchiuse nell’attenta scrittura drammaturgica di Katia Colica e, nella sua voce, che ne declama i versi, si addensa il senso profondo di una mitologia attualizzata. Le voci delle donne di Omero echeggiano tra gli spazi artistici della Calabria, riuscendo a registrare quel famoso sold out che fa ben sperare sulle sorti della diffusione della cultura teatrale nella nostra regione, luogo in cui vivere di teatro e più in generale di cultura, non è sempre un’impresa facile.
È questa l’occasione per incontrare da vicino Katia Colica e, con lei, parlare di donne, miti, teatro, periferie e come dice lei di cultura salvifica. La performance, come chiarisce Colica, consente di far conoscere al pubblico, attraverso un linguaggio innovativo dettato da un’interpretazione personale, un testo che si articola in un intreccio narrativo, poetico e musicale.
La dignità perduta
Le donne di Omero, dee o umane, mortali o immortali, sono legate a un percorso di sofferenza, di sacrificio, ma che nella narrazione prendono forma, i silenzi diventano voci e le voci si concretizzano nella consapevolezza di essere state private della propria dignità. Donne che raccontano il proprio punto di vista e per fare questo partono dal mito, il solo capace di spiegare le emozioni di donne in balia del destino, donne utilizzate come merce di scambio, che piangono le sorti del marito, ma anche logorate dall’inganno. Nient’altro che i temi della nostra attualità descritti amplificando emozioni e sensazioni. In scena ci sono delle donne, voci di donne, che si raccontano, appartengono tutte allo stesso nucleo familiare. Emerge la voce di Persefone, una ragazza che vive il suo Ade personale all’interno della bulimia, quindi intrappolata in quel sotterraneo cavernoso del disturbo patologico alimentare.

Il mito diventa narrazione contemporanea
Demetra, la madre di Persefone, non vuole vedere e accettare l’Ade creato dalla figlia. Il personaggio di Tiresia è quello di una transessuale che si racconta, una narrazione che Colica ha costruito sulla doppia identità dell’indovino cieco che fu sia uomo sia donna. Eco è una donna trasparente, una ragazza che non riesce a esprimersi e quindi, senza le giuste parole la sua immagine non si concretizza in un corpo. Infine arriva Ade, simbolo di quel luogo in cui tutte le anime possono ritrovarsi solo ascoltando le proprie voci. Le musiche originali e dal vivo sono di Antonio Aprile e sul palco prende forma un percorso in cui il mito diventa una narrazione contemporanea, si parte da lontano per raccontare le problematiche femminili che si ripetono da millenni.
La drammaturgia di Katia Colica
La drammaturgia di Katia Colica nasce proprio dalla consapevolezza di storie reiterate, voci che arrivano da un tempo remoto, si attualizzano e si aprono a un costante e reciproco dialogo. Colica è riuscita a costruire una scrittura drammaturgica lavorando, come afferma, su una sorta d’innesto tra il mito classico e la contemporaneità. Un gioco d’incroci e di equilibri linguistici utili a non far dimenticare le nostre origini classiche. Katia difende la grecità radicata nella nostra cultura, ne parla come qualcosa che si avverte sotto pelle, una eco che risuona interiormente e che può tradursi nelle parole della contemporaneità.
L’architetto delle emozioni
Katia Colica è un architetto urbanista di Reggio Calabria, ma alle costruzioni di mattoni e cemento ha preferito quelle delle emozioni fondate dal sapiente intreccio delle parole. Il mestiere della scrittura per affrontare temi di disagio e di malessere sociale, autrice di romanzi e giornalista, ma più di tutto lei si sente una drammaturga e questo perché, come in un racconto mitico, non ha fatto altro che seguire le orme di una suggestione legata al tempo della sua infanzia.
Un Altro Metro Ancora è la prima drammaturgia di Katia, quella che le ha consentito di rappresentare le emozioni suscitate da una storia vera vissuta da sua madre: finita la guerra, un gruppo di sfollati dell’Italia centrale diretti verso il Sud, si ritrova in un campo minato. Un ragazzo si propone di essere il primo della fila così da consentire a tutti di attraversare indenni quel pezzo di strada.
Un progetto di liberazione
Le figure del ragazzo e degli sfollati che seguivano le sue impronte, per Katia Colica, hanno sempre costituito un’immagine teatrale, tale da elaborarla negli anni e alla fine tradurla in una vera e propria scrittura scenica e anche in un libro. Fedele all’importanza attribuita alla forza delle parole Katia va in scena per raccontare delle storie, ma non si sente un’attrice, per lei stare sul palco è una pura casualità che ritrova un riscontro nell’apprezzamento del pubblico.

Le parole, Katia, le porta anche nelle periferie, e le condivide come un progetto di liberazione con gli stranieri, con le donne, con le minoranze etniche. Il suo amore viscerale per l’antica Grecia l’ha portata a ideare, insieme all’associazione Adexo, il Balenando in Burrasca Reading Festival, giunto ormai alla sua IV edizione e di cui lei è direttrice artistica. Il reading affonda le sue radici nell’antica Grecia, luogo in cui il cantore o aedo era considerato un profeta sacro poiché trasmetteva la tradizione orale dei testi accompagnato dal suono della cetra. L’ultimo progetto in cantiere della drammaturga Colica è il reading Persefone, il ritorno: incanto di primavera. che approderà in primavera nell’antico Parco Archeologico di Locri Epizeferi, luogo sacro della cultura e simbolo della Magna Graecia.
Maria Concetta Loria