Tutto sommato è facile raggiungere Mammola. Puoi arrivarci da una statale che taglia l’Aspromonte, oppure da sotto, lasciando la 106 Jonica a Marina di Gioiosa. E ci vai essenzialmente per due motivi. Uno per tenere a bada lo stomaco mangiando stocco in una delle due capitali calabresi (l’altra è Cittanova) del predetto prelibato; oppure per nutrire l’anima fermandoti al MuSaBa di Hiske Maas e Nik Spatari, artista di fama internazionale, amico di gente come Pablo Picasso e morto nel 2020.
Un documentario diretto da Luigi Simone Veneziano ha raccolto il testamento poetico di questo personaggio fuori dal comune. Il lungo lockdown ha frenato la distribuzione dell’audiovisivo prodotto dall’associazione Le sei Sorelle. Da alcuni mesi è tornato ad emozionare il pubblico. In Calabria soprattutto nei cinema storici come il Santa Chiara a Rende.

Nik Spatari: un doc per Il sogno di Jacob
Appena vedi uno come Veneziano, capisci subito che ha buone storie da raccontare. Con Il sogno di Jacob ha riannodato un pezzo di Calabria capace di produrre meraviglia. Regia attenta, fotografia accurata, recitazione appropriata e musiche al passo con la narrazione. E una sceneggiatura affidata alle sapienti mani di Alessia Principe, scrittrice e giornalista de LaC. Con un’incursione-cameo di Gioacchino Criaco, autore di libri come Anime nere e Le Maligredi. Criaco dialoga con Spatari, due sensibilità stregate dalla luce accecante dell’Aspromonte. Una luce in grado di riprodurre la gamma di colori utilizzata da Michelangelo, spiega Nik in una sequenza dell’intervista.

Nei manuali si dice metacinema. In realtà la parola è entrata nel vocabolario dei giornali e degli appassionati da tempo memorabile. Veneziano porta sul grande schermo un regista impegnato a realizzare un lavoro per la tv su Spatari e sul Musaba. Sarà un motivo per riflettere su se stesso insieme alla troupe.
Quando il bambino era bambino
In principio era un bambino di una Reggio Calabria sotto le bombe sganciate dalle Fortezze volanti. Ai più attenti ricorderà in parte il ragazzino del cult movie The Wall, il film di Alan Parker ispirato al capolavoro musicale e concettuale dei Pink Floyd.
Uno di quegli ordigni ruba per sempre l’udito a Nik. Da allora sentirà il mondo solo attraverso le tonalità uniche delle sue opere.
Nel documentario una precisa scelta stilistica mescola il bianco e nero con il colore. Come fa Wenders ne Il Cielo sopra Berlino. Veneziano dice di essersi ispirato espressamente alla cifra narrativa del regista tedesco approdato, non molti anni fa, proprio in Calabria a pochi chilometri da Mammola. A Riace ha girato un film-documentario sul paese dell’accoglienza e la forza del messaggio di Mimmo Lucano.

L’utopia di Nik Spatari
Nik non dimenticherà mai la bibbia a puntate sulla rivista religiosa letta dalla madre. Le illustrazioni di Gustave Doré e il messaggio universale di quelle storie. Il sogno di Jacob nasce da lontano per poi diventare un’opera d’arte lunga 14 metri. Fogli di legno e colori «alla Spatari» direbbe Hiske Maas per il racconto di Giobbe abbandonato da Dio e dagli uomini.
Lucano, Spatari e Tommaso Campanella. Tre utopie che si mescolano, si inseguono, percorrono strade poco battute. Non è un caso se un capitolo del documentario del regista cosentino si chiama: “La città del sole”. E Stilo non è lontana da Mammola.

Il furto di Jean Cocteau
Nik Spatari espone a Parigi negli anni Sessanta quando il grande Jean Cocteau gli ruba una tela. Il fatto non sfugge alla stampa della capitale francese. L’episodio è raccontato dal filmaker calabrese nel documentario. Con la sua compagna, l’artista Hiske Maas, alla fine di quel decennio Nik decide di tornare a Sud. Stregati dai ruderi del complesso monastico di Santa Barbara e da un paesaggio ammaliante, mettono radici alle pendici dell’Aspromonte.
Trasformeranno questo posto in un museo-laboratorio unico. Qualcuno, più di uno, cerca di mettere il bastone tra le ruote a questa coppia di visionari. Tanti ostacoli superati; compresa la superstrada che doveva passare a pochi metri dal MuSaBa. L’ostinazione di Iske contiene pure un messaggio per chi non crede in un futuro quaggiù: «Ci sarebbero mille cose da fare in questa Calabria».