Malamerica, l’emigrazione del sogno infranto

Tante storie in scena che germogliano da vicende reali nella pièce di Vincenza Costantino, con Ernesto Orrico, Mariasilvia Greco e Massimo Garritano. Come quelle del boss Rocco Perri e del giornalista Mike Salerno, l’indesiderato

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L’America delle sliding doors, la soglia del tutto è possibile. E poi l’America che regala e toglie, del sogno infranto, della calce nelle unghie, della fatica bagnata di Coca Cola.
È la Malamerica. Si intitola così la pièce messa in scena dall’attore e regista Ernesto Orrico, un artista che trasforma in materia teatrale vicende e personaggi calabresi. L’autrice è Vincenza Costantino ed è una produzione Rossosimona.
Orrico è in scena con Mariasilvia Greco. Entrambi interpretano più personaggi, diverse figure sceniche, pregne di storie personali, che danno il senso dell’infinita epopea del viaggio nella terra straniera.

Meri, Joe e la Malamerica

Le storie si incrociano nel luogo di transito per eccellenza: una boarding house newyorkese, gestita da Meri, strappata a un Sud d’Italia e agli abbracci della madre, per seguire il destino americano del padre. È lei il crocevia delle vite. Quelle che hanno costruito i grattacieli, che volevano essere Gene Kelly o Marlene Dietrich e che hanno vissuto gli States dai tuguri. E poi c’è Joe, l’emigrato tipo o anche la voce di tutti, come un coro drammatico ma anche comico.
«Mi interessava parlare di emigrazione in maniera diversa, raccontare quella fallita, andata male. L’emigrazione italiana è spesso narrata – spiega Vincenza Costantino,- attraverso storie di successo. E allora mi sono chiesta: ma chi parla degli altri? Di tutti quelli che non ce l’hanno fatta?».

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Mariasilvia Greco (foto Pietro Scarcello)

Le figure femminili sono interpretate da Mariasilvia Greco, capace di trasformarsi in emigrata polacca e subito dopo in donna del boss, semplicemente cambiando una giacca, legando i capelli, indossando un cappello. Anche Orrico “scivola” da un personaggio a un altro a vista del pubblico. «Non amo un teatro troppo costruito e artefatto -spiega il regista-. Il gioco del travestimento, dello svelamento in scena, mi sembra un modo per poter arrivare subito allo spettatore, per coinvolgerlo in maniera diretta nel gioco teatrale».

Garritano come un jazzista newyorkese

La musica lega i destini, disegna il percorso. Gli attori escono dalla scenografia, scarna ed evocativa, e vestiti di lustrini, con un microfono in mano e una luce rossa come un semaforo al contrario, cantano schegge di vita dei migranti di tutti i tempi. Sono i momenti delle song. Sul palcoscenico, con loro, il musicista e compositore Massimo Garritano. Ancora una volta in felice tandem con Orrico, ha creato le musiche originali, cariche di sonorità elettriche. È vestito come un jazzista del Birdland, con un grande fiore bianco sulla giacca. Riesce a smuovere emozioni, sia quando omaggia lo swing americano, sia quando esegue la sua personale interpretazione del tema.

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Greco, Orrico e Garritano in un momento dello spettacolo (foto Pietro Scarcello)

Malamerica ci racconta che il teatro è più che vitale tra i sette colli cosentini, ed è un teatro emozionante, che racconta storie universali, con impegno e infinito amore.
Ciò che è meno vitale è la galassia scenica. Due teatri comunali chiusi, il presidio dell’avanguardia, l’Acquario, smantellato, in sofferenza quasi irreversibile molti piccoli spazi di associazioni e minicompagnie attive in città. I cartelloni del Rendano e del Garden hanno fatto il sold out, soprattutto con i nomi noti in tv e al cinema, ma sono la sperimentazione e le piccole produzioni a soffrire.
Quest’ultimo lavoro di Orrico-Costantino, marito e moglie e partner artistici, ha debuttato al Gambaro di San Fili, che con la rassegna Tutti a teatro, viaggio nei diversi generi, ha riempito una parte del vuoto, offrendo un’alternativa. Malamerica non è classificabile come genere, è una pièce che ha multiformi radici nello studio dell’emigrazione italiana.
La fucina di personaggi germoglia, infatti, da storie reali.

Gli indesiderati: il caso Mike Salerno

C’è anche un riferimento alla parabola di Michele Salerno da Castiglione Cosentino, vicedirettore di Paese Sera dagli anni Cinquanta al 1964. Salerno, diventato Mike a New York, viveva nel Bronx, giornalista antifascista e anche sarto al bisogno, fu rispedito in Italia dopo ventotto anni, sulla nave Saturnia, 379 passeggeri. La sua complessa e coerente esistenza è narrata nel Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea, curato da un maestro del giornalismo calabrese, Pantaleone Sergi, sul sito dell’Icsaic (l’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, diretto da Vittorio Cappelli).

«L’anticomunismo americano – si legge, – stava montando e dopo ben ventotto anni di residenza negli Stati Uniti durante i quali si era sempre battuto contro capitalismo e imperialismo, fu vittima del Procuratore generale Tom Clark e della legge McCarran del 1950 e fu deportato in Italia…».

Vincenza-Costantino
Vincenza Costantino

Da anni Vincenza Costantino studia l’emigrazione. Malamerica, nato prima che il covid bloccasse il mondo, è stato finalista, nel 2017, al premio made in Usa Mario Fratti, dedicato agli inediti italiani ed è l’ultima tappa di una trilogia (Jennu brigannu del 2005, L’emigrazione è puttana, 2008). Una valida fonte è stata Trovare l’America, storia illustrata degli italoamericani nella collezione della Library of Congress (la Biblioteca nazionale degli Stati Uniti che custodisce oltre 158 milioni di documenti), di Linda Barrett Osborne e Paolo Battaglia.

Il teatro è la vera America, parola di autrice

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Rocco Perri e Bessie Starkman

Ma Malamerica è anche un omaggio al teatro stesso. «È il mio omaggio a Pirandello e a De Filippo, per me i più grandi, gli autori che amo di più. Il teatro è il luogo in cui i fantasmi possono vivere, impossessarsi di corpi e raccontare storie diverse. È il teatro la mia America».
Tra i fantasmi evocati da Meri e Joe c’è Rocco Perri. Partito da Platì a 16 anni e diventato il re dell’alcool proibito in Canada, ricco e potente, in affari con Al Capone, gestiva i suoi affari illeciti con la compagna Bessie Starkman. La sua storia è stata scritta dal giornalista ed esperto di criminalità organizzata Antonio Nicaso (Il piccolo Gatsby, Pellegrini editore).
Nella galleria di figure, c’è poi il giovane Gene (Eugenio), il più sognatore di tutti. «È un personaggio che ho amato da subito. Cerca la sua strada e al padre che lo esorta a fare il muratore e gli dice “faremo questa città tutta nuova”, lui risponde “io voglio il mio sogno”. Il suo sogno – racconta Ernesto Orrico – è il cinema».

Malamerica e i fantasmi di Foster Wallace

È il desiderio a tirare i fili di questi fantasmi. Sono le vicende della gente che veramente ha investito sull’America e lo ha fatto in maniera totalizzante – conclude Vincenza Costantino – pagando il prezzo più alto in assoluto».
La disillusa Meri e l’emigrato narratore Joe cantano: «Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi». È una frase di David Foster Wallace, lo scrittore che alcuni lettori trovano noioso, altri venerano come un genio. Sotto i fantasmi di Malamerica crepita il suo pensiero.
«Può piacere o meno, ma non può essere ignorato. Negli ultimi anni ha segnato la letteratura più di ogni altro. Credo che Infinite Jest sia importante come l’Ulisse di Joyce».
Malamerica ha iniziato il suo viaggio, verso nuove stagioni e nuovi cartelloni, proprio come i suoi emigranti. Con un occhio alle odissee e alle tragedie che si consumano nei nostri mari.

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