Le democrazie fragili, uno sguardo sul presente e su i tempi che verranno

E' in corso la sesta edizione di "Impact, Scuole di politiche", l'osservatorio sul rapporto tra società e potere, scienze, tecniche e democrazie

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L’undici aprile del 2018 nelle università cilene sono stati consegnati 126 titoli di laurea postumi a 84 detenuti/e o desaparecidos e 42 studenti uccisi dal regime di Pinochet. Un piccolo atto di giustizia dopo anni di tirannia dei militari di Pinochet, ispirati dai peggiori progetti dei Chicago boys. La voce che racconta tutto questo, di come l’università e l’istruzione pubblica siano state massacrate in Cile negli anni terribili della dittatura e di come ancora oggi quelle ferite siano vive è di Ennio Vivaldi, ambasciatore cileno in Italia e già rettore universitario.

L’intervento dell’ambasciatore cileno Ennio Vivaldi

L’ambasciatore cileno racconta la tragedia della dittatura

La sua lectio magistralis si è svolta all’interno dei lavori della sesta edizione di “Scuola di politiche”, iniziativa del dipartimento di Scienze politiche, storicamente organizzata da Francesco Raniolo e Domenico Cersosimo, entrambi docenti dello stesso dipartimento. «Tutto nasce quando Letta iniziò a dare vita a incontri i cui temi erano le politiche pubbliche, quegli incontri si chiamavano Impact e la nostra università fu la prima ad aderire all’iniziativa», spiega Raniolo, ricordando che nemmeno durante il lockdown causato dal Covid gli incontri si interruppero, diventando online. I temi affrontanti nel corso di questi anni sono stati legati alle urgenze politiche del tempo, dall’attualità dalla Questione meridionale alle forme attraverso cui si esprimono le democrazie, passando per le sfide e le crisi che esse attraversano, come in questa fase storica, dando vita a osservazioni interdisciplinari capaci di coinvolgere nel dibattito studiosi di diverse aree.

La qualità delle democrazie

«L’idea da cui si parte è che la qualità delle democrazie si può leggere attraverso le politiche che vengono gestite, sullo sviluppo, il lavoro, la sanità». Lungo una serie di appuntamenti che si svilupperanno nel corso di alcune settimane, nelle aule dell’Unical si affronteranno temi drammaticamente attuali, come il rapporto tra leadership e potere, tra la tecnologia e le democrazie, la valutazione delle scelte politiche introdotte per l’istruzione e il mercato del lavoro. Al centro di questo viaggio c’è l’esperienza cilena, «mostrata al mondo come un esperimento, un modello», spiega Ennio Vivaldi. Un laboratorio politico dove sperimentare, sulla pelle viva di un intero popolo, le formule economiche del neoliberismo più spietato per poi proporle a tutti. In quella brutale esperienza fu teorizzata e tentata l’estinzione dello Stato, l’affermazione di una egemonia dell’individualismo egoista contro l’idea stessa di comunità e questo esperimento coinvolse anche l’istruzione, anzi, specificatamente il mondo della scuola, da sempre luogo dove si costruisce l’idea di società cui si vuole dare forma.

I diritti trasformati in beni di consumo

In quel frangente i diritti dei cittadini furono trasformati in beni di consumo. L’istruzione pubblica subì colpi decisivi in termini di impoverimento e delegittimazione, eppure «senza quella scuola noi non avremmo avuto Lucila Mistral e Neftali Reyes, cioè Gabriela Mistral e Pablo Neruda», prosegue nella sua lezione Vivaldi. Oggi gli epigoni di Friedman non hanno bisogno più di carrarmati che passino con i cingoli su qualche democrazia, hanno imparato la lezione e sanno che basta impoverire le politiche pubbliche per dare spazio al privato. Da questo punto di vista la valutazione delle politiche nazionali su lavoro, sanità e istruzione verranno nel corso dei prossimi dibattiti tra i cubi di Arcavacata.

Potere e società, leggendo “Il signore delle mosche”

Intanto la dialettica tra forme di potere, affermazione delle leadership e democrazie ha trovato il suo spazio in un incontro tra Marco Marzano, sociologo dell’università di Bologna, Francesco Raniolo e Antonio Samà, proprio sul libro di Marzano “Potere e società”, ma partendo dalle suggestioni che giungono dalle pagine del “Il signore delle mosche”, di Goldin. Un libro che nel suo descrivere la deriva disumana in cui precipitano alcuni giovani inglesi naufraghi su una isola, si presta magnificamente all’osservazione di come la tentazione egoista e irrazionale sia sempre in agguato, in modo da prendere il sopravvento sulle buone pratiche di governo.

Il rapporto tra scienza, tecnica e potere

Ma qual è il rapporto tra scienze, tecnologia e democrazie? Per comprenderlo, spiega Ercole Giap Parini, sociologo e direttore del Dispes, si deve individuare la classe sociale che nel cammino che conduce alla sua affermazione sullo scenario della storia, porta alla rivoluzione industriale. La borghesia, interprete della sola rivoluzione che abbia alla fine avuto successo, come raccontava Marx, è la protagonista del passaggio dal sapere teorico e quello tecnico. Questo passaggio tira in ballo il concetto di modernità e con sé «le rivoluzioni scientifiche, culturali, industriali e politiche». E al seguito di tutto questo ecco giungere le idee di cittadinanza, diritto, democrazia.

Un momento del dibattito su tecnologie, scienze e democrazia

Democratizzare la scienza

Ma le promesse vengono rapidamente tradite, perché nella dialettica della storia non vince la Scienza per l’umanità, che voleva Comte, ma quella dei popoli, che è divisiva. Perché la scienza non è neutrale e oggi la sua più audace rappresentazione è l’intelligenza artificiale. Per questo serve democratizzare la scienza, perché una cosa che riguarda la vita dei cittadini non può eludere la loro partecipazione.

 

 

 

 

 

 

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