Italiano è bello, calabrese, a volte, più bello. Ciò vale, almeno, per i fumetti e per i supereroi, che, a dispetto dell’anglofilia del settore, rendono benissimo non solo a stelle e strisce ma possono vestire con efficacia il tricolore e l’azzurro, grazie anche agli stimoli tenebrosi delle tradizioni popolari italiane. Ne è un esempio Traku, un super(anti)eroe calabrese doc. Dannatissimo, giusto e tormentato, ricorda un po’ Ghost Rider e un po’ Spawn. Conditi, però, con un bel po’ di peperoncino e, a seconda dei gusti, ’nduja o sardella.
Nascita di un supereroe
È il caso di raccontarne la genesi, anch’essa un concentrato di calabresità piccantissima.
È notte, a Roghudi Vecchio, l’inquietante ghost town abbandonata dopo le frane dei primi anni ’70. C’è di che aver paura di questo borgo dove, narrano le leggende, è possibile ascoltare ancora i lamenti dei fantasmi dei bambini precipitati nel dirupo. E si può avvertire la presenza delle Naràde, creature mostruose, metà donne e metà asine, che uccidevano le donne del borgo per accoppiarsi coi loro uomini. Poi, c’è ’a Rocca du Traku, la Rocca del Drago. È un macigno dalla forma di rettile a tre occhi in cui, tramanda un’altra leggenda, sarebbe imprigionato un essere mitologico che decide il destino del paese, anche ora che è deserto.
Achille Romeo, detto Tony, non ha paura delle leggende. Semmai teme di più i vivi: è il rampollo di una famiglia mafiosa e vive da anni sotto protezione. È tornato a Roghudi in incognito, spinto dalla curiosità e dalla nostalgia. Proprio per sottrarsi a eventuali ritorsioni, ha deciso di passare la notte in un casolare fatiscente del borgo fantasma. Precauzione inutile: i picciotti lo raggiungono con l’intenzione di fargli la pelle. Il giovane riesce a sottrarsi, inforca la sua moto e si lancia a tutta velocità. Ma non c’è nulla da fare: gli sgherri lo inseguono e riescono ad acciuffarlo proprio vicino alla Rocca du Traku. Quindi, aprono il fuoco sul giovane, che sente arrivare la sua ora.
Fin qui, la storia ricorda un mafia movie un po’ pulp. Ma nei fumetti, come in certi film, scene e ambientazioni cambiano a velocità fulminea. Il sangue del ragazzo cola sulla rocca e risveglia lo spirito del Drago, imprigionato lì da millenni. Una folgore illumina le tenebre di bagliori sinistri e, quando il lampo e il fumo si diradano, il ragazzo riemerge illeso e trasformato: indossa un’armatura blu scura screziata di giallo fosforescente. I sicari giacciono ai suoi piedi, dilaniati e semicarbonizzati.
Traku, risvegliato dal plurisecolare torpore, è tornato in vita grazie al giovane Tony.
Gli italiani lo fanno meglio
«Forse è il nostro personaggio più tosto», spiega Chiara Mognetti, imprenditrice passata dal marketing ai fumetti e titolare della Emmetre Edizioni, una casa editrice del Novarese che gestisce assieme a suo marito Fabritio De Fabritiis, sceneggiatore e disegnatore bonelliano di lungo corso (sue le tavole di Dragonero Adventures e Zagor-I racconti di Darkwood).
Traku fa parte di un’iniziativa editoriale intelligente, nata quasi per scommessa: «Io e mio marito ci chiedevamo se fosse possibile creare una linea di supereroi completamente italiana», spiega ancora Mognetti.
Non che il fantastico, l’horror e la fantascienza made in Italy non esistessero prima. Ma, precisa l’editrice, «l’ambientazione e i personaggi restano comunque anglofoni: si pensi a Dylan Dog, che è inglese, o a Nathan Never, che è di ispirazione americana».
Invece, i Guardiani Italiani, l’esercito soprannaturale con cui la Emmetre aggredisce da anni il mercato dei fumetti, sono italiani al cento per cento.
La serie si basa su un’intuizione semplice, anche se non originalissima (qualcosa di simile l’aveva fatto Italo Calvino con le sue Fiabe Italiane): lo scavo nell’immaginario fantastico delle varie tradizioni popolari della Penisola e la loro rielaborazione in chiave non più letteraria ma fantascientifica. Ed ecco che, a partire da Capitan Novara (poi Capitan Nova), il firmamento dei supereroi si è tinto gradualmente di azzurro.
I Guardiani Italiani sono quaranta, tutti ispirati alle leggende di altrettante parti d’Italia. Dalla fine dello scorso decennio popolano i graphic novel della piccola e combattiva casa editrice indipendente. Qualcuno è scanzonato, come Comandante Italia. Qualcun altro è tragico, come Sa Bisera, antieroina sarda ispirata alla tradizione delle Femmine Accabadore (donne assoldate dai familiari di malati terminali per dare l’eutanasia ai propri cari). Qualcun altro, ancora, evoca in maniera sfacciata i luoghi comuni delle zone di provenienza: così è per Vesuvius (indovinate un po’?) e Legio X (anche questo è facile…).
Tutti quanti sono il prodotto dell’immaginazione e delle matite di De Fabritiis. Ma le storie sono disegnate da Eduardo Mello, un giovane fumettista siciliano (classe ’88) che vanta collaborazioni con realtà di livello internazionale, non ultima la Marvel.
Superpoteri contro le ’ndrine?
Cambiamo scenario. Siamo nel porto di Gioia Tauro. Appollaiato sopra alcuni container, un uomo che indossa un’armatura rossa aspetta il momento opportuno per entrare in azione. È Pietro Mancini, un poliziotto di Perugia. Grazie all’intervento di una misteriosa confraternita, è diventato Grifo, un altro supereroe tosto, caratterizzato da una terribile tendenza alla depressione.
Grifo si trova in Calabria per indagare sul traffico della prostituzione, gestito dalla mafia nigeriana con la protezione della Santa (i riferimenti non sono casuali).
All’improvviso, il supereroe salta addosso a due picciotti malcapitati, che fanno la guardia a un container per metterli fuori combattimento. Ma è con l’arrivo di Traku che lo scontro degenera in carneficina: il supereroe calabrese non ha, evidentemente, le preoccupazioni umanitarie del suo collega umbro. E, a massacro compiuto, commenta: «Rilassati, quei figli di puttana meritavano di crepare». Neppure Grifo è un maestro d’eleganza. Lo rivela la risposta truce che fornisce al collega, anzi compare, che gli chiede come avesse convinto il suo informatore a “cantare”, visto che «la Santa conta pochi pentiti»: «Gli ho infilato la testa nel cesso».
Quest’episodio, contenuto in L’era di Empire-Volume 1, uno dei primi albi di Guardiani Italiani, segna l’esordio di Traku. Ambientazione e suggestione tricolori, ma stile americano, veloce e nervoso: la Emmetre rovescia così la lezione della Bonelli (che, al contrario, italianizzava personaggi e scenari angloamericani) e proietta il nostro immaginario in una narrazione internazionale. E c’è da dire che la trasformazione di Gioia Tauro e del suo porto in una novella Gotham del Mediterraneo funziona alla grande.
Resta solo una domanda, che forse non fa onore a molti dei nostri “creativi”: possibile che una piccola casa editrice piemontese, abituata a finanziarsi col crowdfunding e a operare nel mercato si sia dimostrata più efficace nel giocare con gli aspetti più suggestivi del nostro immaginario regionale di tante, spesso inutilmente strapagate, agenzie nostrane?
La risposta ai lettori.