I segreti dell’organetto alle pendici della Sila

Il maestro Agostino Giuseppe Scavello - classe 1933 - suona, ripara e costruisce strumenti a Lattarico, nel Cosentino. Una passione ereditata dal padre e che ha trasmesso al figlio e ai nipoti

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Senti odore di mosto a Cozzo Carbonaro, piccola frazione di Lattarico, nel Cosentino. Tra quelle colline non è difficile incrociare la melodia di una fisarmonica o di un organetto. Spesso è il maestro Agostino Giuseppe Scavello a suonare. Classe 1933, ringiovanisce di colpo quando indossa i suoi strumenti musicali, quelli che con orgoglio ha costruito con le sue mani. Figlio d’arte, il padre accordava gli organetti, la tecnica l’aveva appresa da autodidatta.

A vent’anni volevo imparare a costruire organetti

«Me ne sono andato da Lattarico a vent’anni proprio perché volevo imparare direttamente dalla prima fabbrica italiana (la Paolo Soprani), ad accordare e riparare questi strumenti».
Le fisarmoniche e gli organetti esplodono nella loro diffusione nell’Italia appena unificata. Le industrie si innestano nella produzione artigianale degli strumenti musicali. La popolarità di questi strumenti a mantice era anche dovuta alla facilità con cui si poteva imparare a eseguire una melodia. Senza necessariamente saper leggere la musica.
«A Castelfidardo sono stato accolto dalla famiglia Soprani come un amico, mio padre era loro cliente da sempre e non si sono fatti nessun problema a insegnarmi i trucchi del loro mestiere. Tutte le fabbriche di fisarmoniche erano nate da dipendenti che una volta appreso il mestiere si sono messi in proprio e in parte questo era il mio sogno».

 

Il maestro Scavello torna a Lattarico 

Dopo cinque anni di apprendistato Scavello torna nella sua Lattarico, ma la difficoltà a trovare operai lo la fa desistere dal suo sogno. Nel frattempo si lascia prendere dall’insegnamento della musica, raggiunge i suoi discepoli a gruppi nelle frazioni e non per diffondere solo la musica, ma soprattutto la passione per l’arte. Quella di antichi mestieri che resistono nella Calabria di oggi.

«Così già negli anni Sessanta era la fabbrica che mi contattava per fare le riparazioni per loro conto», un’abilità operativa riconosciuta non solo dalla casa madre, ma da tutti i clienti calabresi, che sanno che le piccole riparazioni il maestro le assicura in poche ore, permettendo a molti professionisti di non doversi rivolgere alle aziende produttrici a migliaia di chilometri e rischiare di non potersi esibire.

Il primo strumento costruito 

Il primo strumento costruito con le sue mani una volta a Lattarico è l’accordatore, ancora lì nel laboratorio. Operativo dopo sessant’anni, utile quando le ance di metallo non producono più il suono desiderato. Queste complesse lamelle in acciaio e alluminio hanno bisogno di un lavoro certosino a suon di lima e pinza, tutto rigorosamente a mano e a orecchio. Si registra la testiera, si accorda ogni singola parte, di ogni tipo di strumento «quelle più semplici sono quelle italiane, meglio le Soprani, quelle più complesse nella meccanica sono quelle polacche». Nessun problema per il maestro: «Ma io le riparo lo stesso». Nessuno strumento sembra avere segreti.

L’accordatore del maestro Scavello (foto Tommaso Scicchitano)
Le innovazioni di Scavello

«Molti strumenti sono prodotti industriali, comunque hanno bisogno di una cura artigianale», spiega Scavello. E sottolinea: «Ora lo faccio di meno, ma ho realizzato alcuni strumenti quasi interamente a mano».

Immagini sacre negli organetti costruiti da Scavello (foto Tommaso Scicchitano)

L’orgoglio è anche di aver inventato qualcosa di innovativo: «Dieci anni fa ho avuto l’idea di inserire nel suono dell’organetto la zampogna, un prodotto molto apprezzato in provincia di Reggio Calabria». Dall’organetto esce anche il suono della piva, si possono sentire due strumenti contemporaneamente. Forse non sarà l’innovazione del secolo in ambito musicale, ma denota l’assoluta padronanza di uno strumento complesso, tale da poterlo ripensare.

Una questione di famiglia

Il maestro con orgoglio parla del legame che c’è con la ditta Soprani, una stima reciproca segnata da continui contatti. La musica per Agostino Giuseppe è una questione di famiglia. Tra negozio e laboratorio lavorano un figlio e un nipote. Con orgoglio puntualizza: «Mio nipote è laureato in pianoforte e un altro più piccolo sta imparando». il primo «è arrivato al mio livello, ha l’orecchio, la pazienza, la passione».
Il know how di un’azienda di famiglia, quello che ti fa riconoscere e stimare per generazioni, non è solo conoscenza e abilità, è soprattutto passione e amore. In questo caso, per la musica.

Tommaso Schicchitano

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