Via del Casale Giuliani è una strada di Roma tutta in salita e la prima volta che ci andai fu quasi un pellegrinaggio laico. Volevo vedere la via dove abitava Franco Costabile e dove aveva deciso che la vita era una cosa tropo faticosa per essere affrontata.
Restai lì a guardare i palazzoni tutti uguali, cercando di indovinare quale fosse la casa del poeta calabrese i cui versi non si insegnano nelle scuole, anzi sono proprio dimenticati, pur se ad amarli quei versi furono Ungaretti e Caproni che a Costabile dedicarono parole cariche d’amore.
Oggi ricorre l’anniversario della sua morte e con tutta evidenza ogni cosa è cambiata.
Il quartiere romano dove Costabile abitava si è trasformato negli anni da triste periferia in una zona residenziale abitata da una borghesia benestante. E la Calabria che lui raccontava nelle sue poesie non c’è più, trascinata da una modernità che non l’ha emancipata dalle sue disgrazie, ma solo imbruttita.
La Calabria di Franco Costabile
Eppure sembra restare intatta una potente attualità in quei versi, nella descrizione di una terra senza redenzione, che pare condannata alla rinuncia. Diversa e nonostante tutto ancora drammaticamente uguale la dinamica del consenso elettorale, come nella poesia in cui Costabile elenca ripetutamente i nomi dei notabili della vecchia Dc che durante lo spoglio elettorale si ripetevano senza fine: “Cassiani, Cassiani, Antoniozzi, Antoniozzi, i nomi segnati e pronunciati per trentasei ore”.
Erano le famiglie che decidevano il destino della Calabria, il cui voto era suggerito dalla Chiesa influente e vicina al potere. Adesso sono cambiati i nomi, ma non troppo. Basti pensare che ancora oggi un Antoniozzi è arrivato in parlamento con i voti dei calabresi. E se in passato “L’onorevole tornava calabrese” in occasione di “processioni ed elezioni”, adesso non deve nemmeno fare questa fatica, i voti se li prende e basta.
Ma se volete la misura di come Costabile e i suoi versi siano attuali, leggetevi la poesia Il taccuino dell’onorevole, perché è impressionante per come quelle parole sembrino uscite dalla bocca di un qualunque politico attuale.
Il taccuino dell’onorevole
L’Occidente,
Pensarci su
Insistere
sul termine
salvezza ecc.
Ricordarsi
l’enciclica.
Statistiche
Molte scarpe nel sud
molti cucchiai
Avvolgere col tricolore
dieci minatori morti
Calcolare
50” di applausi
Qualcosa
sull’uomo
Tornare
all’enciclica
La polizia
le piazze calme
Cura del paesaggio
molta alberatura verde
Per il contadino
dire anche 2 foglie
Bontà delle suore.
Bambini a scuola
con molte medaglie
Undici arcate
I Cavalieri del lavoro
Citare
il cammello
e la cruna dell’ago
L’area democratica
citare più volte
Diverse e paradossalmente ancora uguali le dinamiche economiche rivolte alla nostra regione. Una volta c’era la Cassa per il Mezzogiorno, oggi i mille provvedimenti per il sud, fino al Pnrr. Ma come scriveva Costabile nella raccolta di poesie La rosa nel bicchiere, “l’occhio del mitra è più preciso del filo a piombo della Rinascita”, perché magari la ‘ndrangheta di oggi spara di meno rispetto al passato, ma è pervasivamente dentro gli affari di qualunque progetto di ricostruzione. Ora come allora vale la supplica di Costabile rivolta ai governanti: “Non venite a bussare con cinque anni di pesante menzogna”.
Perché studiare Franco Costabile
Né nei versi di Costabile manca la consapevolezza delle opportunità perdute, della distorsione culturale che per anni ci ha portati a “chiamare onore una coltellata e disgrazia non avere un padrone, troppo tempo a stare zitti quando bisognava parlare”. Restano uguali gli stereotipi che vogliono la Calabria un paradiso, una terra meravigliosa, fatta “Di limoni e salti di pescespada”. Oggi quell’inganno si è trasformato nei cortometraggi pagati a milioni e che hanno fatto ridere il mondo.
Franco Costabile andrebbe letto nelle aule dei licei perché, a saperli leggere, si colgono i mutamenti e l’immobilismo della Calabria più nelle sue poesie che negli aridi report dell’Istat.