Francesco Jerace, il re degli scultori calabresi

Il Maestro di Polistena ha lasciato un segno indelebile nella storia dell'arte italiana e non solo a cavallo tra '800 e '900. Dalla Calabria a Bombay, passando per luoghi simbolo come Montecitorio o il Vittoriano, le sue opere suscitano ancora oggi ammirazione per l'eleganza che le contraddistingue

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È considerato tra i maggiori artisti del panorama italiano tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo; le sue opere hanno valicato i confini sia nazionali che continentali. Francesco Jerace è senza dubbio tra i figli più illustri della Calabria degli ultimi duecento anni.

Francesco Jerace, da Polistena a Napoli

Nato il 26 luglio 1853 a Polistena – popoloso paese del Reggino, stretto tra la Piana di Gioia e le pendici settentrionali del massiccio dell’Aspromonte –, Francesco Jerace era figlio di Fortunato e Mariarosa. Quest’ultima era discendente dei Morani, famiglia di scultori in legno originaria del Catanzarese che, al principio dell’Ottocento, si era trasferita verso i declivi del “Monte Bianco” calabrese per sfuggire alla prepotenza dei francesi.
Ed è proprio nella bottega famigliare di Polistena – centro ricostruito da pochi decenni dopo il devastante terremoto del 1783 – che il giovane Jerace viene iniziato all’arte del disegno, dell’intaglio e della scultura. Emerso il suo talento naturale, non passa troppo tempo che il rampollo si trasferisce a Napoli, presso la Real Accademia di Belle Arti. Sono i primi anni settanta dell’Ottocento.

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Un ritratto di Domenico Morelli

A Napoli – città dove lo raggiungeranno presto i fratelli Vincenzo, anch’egli scultore, Gaetano, pittore paesaggista, e Michelangelo, poi insegnante – Francesco Jerace frequenta Andrea Cefaly, calabrese di Cortale e già patriota e pittore affermato. I suoi maestri sono Saverio Altamura, Tito Angelini, Tommaso Solari e Domenico Morelli. Dopo una prima passione per la pittura, fase non scevra da incomprensioni con maestri e pubblico, è proprio Morelli, insigne pittore e anima dell’Accademia, che indirizza il giovane alla scultura.

La prima commissione di rilievo

A Napoli, Jerace conduce una vita tutt’altro che agiata fin quando nel 1873 non giunge la prima importante commissione della carriera. Marta Somerville lo incarica di scolpire il monumento funebre della madre, la astronoma e autrice scozzese Mary Somerville. Scrive Alfonso Frangipane, biografo dell’artista, che al termine del pesante lavoro – oggi sito al cimitero inglese di Napoli –, la nobildonna, nel retribuirlo per il servigio, gli consigliò di procurarsi un luogo più salubre in cui svolgere il suo mestiere, ché lo vedeva “tanto malandato in salute” (A. Frangipane, Francesco Jerace, in Studii e ritratti calabresi, Casa editrice “La Sicilia”, Messina 1924).

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Napoli, cimitero degli inglesi: il monumento funerario a Mary Somerville

Francesco Jerace, lo scultore dell’eleganza e della gagliardia

Il riconoscimento internazionale, comunque, non tarda a venire. Grande fortuna ha il gesso del Guappetiello, il fanciullo del popolo napoletano, riprodotto in molteplici repliche, tra le quali una in bronzo sarà portata all’Esposizione universale di Parigi del 1878. In quell’occasione tutti si accorsero della straordinaria grazia dell’arte di Jerace; la maestria jeraciana, infatti, segnò un progresso nella scultura italiana della seconda metà dell’Ottocento, per la luce che sembrano sprigionare i suoi busti, per il realismo, per il bello ideale che raggiunge, per la libertà e l’armonia delle forme, lievi nel marmo in cui sono incise.
Camillo Boito, architetto e teorico di spicco dell’architettura, esaltò l’artista calabrese definendolo «lo scultore dell’eleganza e della gagliardia».

Un tocco di Calabria nella capitale

Addentriamoci adesso nell’opera di Jerace. Partiamo da Roma, dove è possibile trovare lavori del grande scultore polistenese a Palazzo Madama, a Palazzo di Montecitorio e alla Banca d’Italia – luoghi che conservano tre busti di Francesco Crispi. Alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea si trova, invece, il marmo del Trionfo di Germanico. Al Vittoriano, l’Altare della Patria, al lato destro della cancellata artistica di Manfredo Manfredi è collocato il gruppo bronzeo dell’Azione, capolavoro realizzato appositamente per l’apertura del Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II. Di queste due ultime opere monumentali esistono altrettanti bozzetti, conservati all’interno della Gipsoteca Francesco Jerace di Catanzaro, ospitata al MARCA, Museo delle Arti della città capoluogo della Calabria.

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Roma, complesso del Vittoriano: l’Azione, opera di Francesco Jerace

La Napoli di Francesco Jerace

La città che però conserva il maggior numero di opere del Maestro calabrese è certamente Napoli, dove Jerace visse per lunghi periodi della sua vita. Alle pendici del Vesuvio si possono ammirare le decorazioni del giardino e dei salotti della settecentesca Villa La Fiorita, nell’abitazione sui Colli Aminei l’artista soggiornò, ospite della famiglia del banchiere svizzero Oscar Meuricoffre. Oppure apprezzare l’altorilievo bronzeo sul frontone dell’Università degli studi, in cui, fra le diciotto figure – delle quali una è un ritratto del nonno Francesco Morani –, spicca Federico II, lo Stupor Mundi, fondatore dell’ateneo nell’anno di grazia 1224.

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La statua di Beethoven nel cortile del Conservatorio di San Pietro a Majella

Ancora nella già capitale del Regnum Siciliae citra Pharum è possibile imbattersi nella statua jeraciana di Vittorio Emanuele II sulla facciata di Palazzo Reale, nei monumenti a Nicola Amore e a Giovanni Nicotera in Piazza della Vittoria, nelle sculture sul frontone del Duomo, nel busto della boccaccesca Carmosina al Museo e Real Bosco di Capodimonte, nella statua di Antonio Toscano, l’Eroe di Vigliena, al Maschio Angioino, nella drammatica Mater dolorosa del monumento Cocchia al cimitero di Poggioreale e nella statua di Ludwig van Beethoven, presentata nel 1895 alla edizione inaugurale della Biennale di Venezia e oggi collocata nel cortile del Conservatorio di San Pietro a Majella. Piccola parentesi: alla kermesse della città lagunare, inoltre, Jerace partecipò con altre opere tra le quali il busto di Hadria, poi acquistato da Guglielmo II, imperatore di Germania e re di Prussia.

In giro per l’Italia

Intorno all’area campana e meridionale sono da citare i monumenti in memoria dei caduti della Grande guerra a Sorrento e ad Aversa, il monumento a Giuseppe Martucci a Capua, la statua di Gabriele Pepe a Campobasso e un bronzo raffigurante Nino Cesarini, compagno del barone francese Jacques d’Adelswärd-Fersen, che il nobiluomo – personaggio da romanzo – fece collocare nel giardino di Villa Lysis a Capri, suo “tempio bianco” sacro all’amore e al dolore. La scultura purtroppo è andata perduta successivamente al suicidio del Fersen nel 1923 e all’abbandono in cui precipitò la Villa.

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Il barone Fersen

Menzionando il gruppo dedicato a Gaetano Donizetti a Bergamo – onere che Jerace ottenne a seguito di un concorso in cui trionfò contro una schiera di rivali in buona parte provenienti dal Nord –, proseguiamo l’itinerario artistico dello scultore calabrese giungendo nella sua terra d’origine.

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Bergamo, il monumento a Donizetti realizzato da Jerace

Le opere a Polistena

All’interno del Duomo della natia Polistena – dove Jerace ricevette il battesimo – si trova un suo altare marmoreo, quello della cappella del Santissimo Sacramento, su cui campeggia la grande tela dell’Eucarestia, chiaramente firmata Jerace. All’interno del luogo di culto è conservato anche un quadro dell’Ultima Cena (dipinto nel 1904 per volontà del padre), fatica bastevole a ricordare l’altro campo artistico in cui eccelleva il Maestro. L’esterno della chiesa dedicata a Santa Marina Vergine presenta inoltre un frontone realizzato su disegni dell’illustre concittadino.

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L’Ultima Cena, dipinto realizzato da Jerace su richiesta del padre

Oltre a ciò, Francesco Jerace ha voluto ricordare il sacrificio dei polistenesi nel corso della Prima guerra mondiale con un monumento ai caduti situato in Piazza del Popolo. A sua volta Polistena ricorda il suo indimenticabile figlio con un’opera bronzea di Fortunato Longo, inaugurata nel 1997 e posta nella piazza da cui parte la via dedicatagli, e con la Casa museo Jerace, aperta nel 2018, nelle cui sale sono esposte numerose opere d’arte eseguite dall’artista e dal fratello Vincenzo. Nel Municipio della “perla della Piana”, in ultimo, si trova un bassorilievo di gesso con una testa barbuta – una delle primissime realizzazioni del giovane Jerace – e altri lavori donati in tempi recenti dagli eredi.

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Polistena, Monumento ai caduti

Francesco Jerace in Calabria

A proposito di donazioni: abbiamo citato in precedenza la Gipsoteca Francesco Jerace di Catanzaro. Lo spazio offre una nutrita collezione di marmi e gessi dello scultore, donati nel 1966 dalla figlia Maria Rosa, come una riproduzione della Victa – busto marmoreo col quale nel 1880 partecipò all’Esposizione nazionale di Torino – e i busti ideali dell’Ercolanea e della principessa Evelina Colonna di Galatro.

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Reggio Calabria, il monumento a Giuseppe De Nava

In Calabria la mano di Jerace è rintracciabile in diverse città. A Reggio Calabria il Maestro realizzò le statue di San Paolo e Santo Stefano di Nicea per il sagrato del Duomo: il primo secondo tradizione convertì la popolazione reggina al Cristianesimo, il secondo fu invece il primo vescovo della città. All’interno del Duomo di Reggio si trova pure un suo monumentale pergamo. Per la città sullo Stretto il Genio di Polistena ha scolpito, inoltre, il monumento ai caduti con la Vittoria Alata, il marmo Eroica, il monumento a Giuseppe de Nava e un busto della poetessa locridea Nosside. Da segnalare anche un originale autoritratto a sanguigna custodito all’interno del Museo diocesano della città metropolitana.

Un museo a cielo aperto

Proseguiamo la carrellata citando i lavori di Francesco Jerace accolti alla Gipsoteca Michele Guerrisi, presso la Casa della cultura Leonida Repaci di Palmi, il busto di nobildonna conservato al MAON, Museo d’arte dell’Otto e Novecento di Rende, e l’Angelo della tomba Compagna al sacrario della Schiavonea di Corigliano.
Non soltanto gallerie al chiuso: la Calabria rappresenta, infatti, un autentico museo a cielo aperto per quel che riguarda l’opera di Jerace. Per le strade di Crotone si incontrano le statue di Armando Lucifero e Raffaele Lucente; a Cosenza gli Angeli della cappella Greco; a Pizzo, prossimo all’incantevole belvedere di Piazza della Repubblica, il busto di Umberto I di Savoia scolpito nel 1902 per ricordare il sovrano d’Italia assassinato due anni prima per mano di un anarchico; a Stefanaconi il monumento ai caduti; a Scilla la possente statua di bronzo della Sirena; ancora a Catanzaro i marmi dei viali di Villa Margherita, raffiguranti illustri calabresi del XIX secolo tra cui Andrea Cefaly, Francesco Fiorentino e Bernardino Grimaldi.

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Cosenza, gli Angeli della cappella Greco

Sul tetto dell’Aspromonte

Impossibile dimenticare, infine, la statua bronzea del Cristo Redentore, realizzata per il Giubileo del 1900 e rientrante nel “grandioso omaggio a Dio” concepito da papa Leone XIII, progetto che prevedeva la collocazione di venti statue su altrettanti monti italiani.
Posto nel 1901 sulla cima dell’Aspromonte, ai 1956 metri di Montalto, comune di San Luca, il Cristo Redentore di Francesco Jerace ha in mano una grande croce e con l’altra benedice l’intero popolo calabrese, perché possa vivere nella fede in Dio e non dimentichi i grandi uomini – religiosi e artisti su tutti – che lo hanno rappresentato nel mondo.

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Montalto (San Luca), il Cristo redentore

Francesco Jerace, sculture in tutto il mondo

Membro della commissione permanente di Belle Arti, l’eminente artista fu professore onorario delle accademie di Belle Arti a Napoli, Milano e Bologna e alla VIII Biennale del 1909 gli fu riservata una mostra personale.
Francesco Jerace fu invitato alle rassegne internazionali più importanti del suo tempo, partecipando a varie Esposizioni universali, all’Esposizione italiana di San Pietroburgo dell’anno 1902 e a manifestazioni anche oltreoceano (fu a Saint Louis, Buenos Aires e Santiago del Cile) prima di spegnersi a Napoli il 18 gennaio 1937. Sue opere si trovano oggi in tutto il globo: da Londra a Berlino, da Dublino a Monaco di Baviera, da Varsavia, a L’Aia, Madrid, Atene, Odessa e Bombay.

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