Francescantonio Mazzario fu uno degli undici figli di Giuseppe, avvocato e possidente rosetano, e della nobildonna amendolarese Isabella Andreassi.
Ebbe tra i suoi zii l’avvocato Alessandro Mazzario (diarista e protagonista del Grand Tour) e il giudice Domenico Andreassi. Un suo cugino-cognato fu il barone Lucio Toscani di Canna e Nocara.
Rivoluzionario e poi avvocato
Mazzario studiò Giurisprudenza all’Università di Napoli. Lì partecipò ai moti del 1848 che gli costarono il carcere.
Laureatosi, esercitò l’avvocatura nel foro partenopeo. Si fece le ossa in via Medina 61, nello studio legale del celebre sandemetrese Cesare Marini (già giudice di pace nel Circondario di Spezzano Albanese, difensore – assieme ad altri – dei fratelli Bandiera, poi deputato nel Parlamento napoletano e futuro consigliere della Gran Corte dei Conti).
Al 1851 risalgono due delle sue allegazioni difensive a stampa, pubblicate a Napoli e oggi al più rintracciabili in copie uniche presso la Biblioteca Casanatense in Roma o la Nazionale in Napoli. Una è a difesa di Ferdinando Barbati, accusato di omicidio, mentre l’altra è redatta negli interessi di don Gerardo Coppola di Altomonte (la cui zia era Isabella Coppola, bisnonna di Francescantonio), zio del senatore Giacomo Coppola e del deputato Ferdinando Balsano.
Mazzario torna a casa
Nel 1852 Francescantonio Mazzario fa definitivamente ritorno a Roseto Capo Spulico per dedicarsi all’amministrazione pubblica e a quella del «non tenue patrimonio» di famiglia.
Il giovane ex rivoluzionario è un rampollo benestante ma per nulla conservatore: un ribelle in contrasto, per alcuni versi, con lo stesso ambiente familiare in cui era cresciuto, fatto di svariate cariche amministrative distribuite pressoché a tutti i membri della casa (era fratello, tra gli altri, di Filippo, Domenico e Pietro, tutti variamente graduati nella Guardia Nazionale, e di Nicola, sindaco di Roseto dal 1888 in poi).
Un politico in carriera
Come suo fratello, Francescantonio Mazzario fu sindaco di Roseto per ben vent’anni, e consigliere Provinciale per due.
Dagli atti amministrativi emerge il suo impegno disinteressato nella cura della cosa pubblica e la preoccupazione di offrire lavoro ai bisognosi, soprattutto nei periodi dell’anno in cui l’agricoltura era ferma e nelle annate di carestia. Già nominato barone nel 1855, ricevette poi il titolo di Cavaliere della Corona d’Italia con decreto del 1877, e quello di Cavaliere di San Maurizio.
Nel 1867 Mazzario tenta, invano, l’ingresso alla Camera dei Deputati ma si impelaga in un lotta elettorale durissima, di cui restano non poche tracce in Risposta ad una lettera intitolata «La elezione del deputato nel collegio elettorale di Matera nel 1867», la sua terza ed ultima pubblicazione superstite.
La superpolemica elettorale di Mazzario
È il pamphlet che raccoglie tutte le tappe della diatriba fra lui e il deputato Francesco Lomonaco, a cominciare dal foglio a stampa che Mazzario aveva inviato agli elettori del Collegio elettorale di Matera per la sua candidatura alle Politiche del 1867, per continuare con il ringraziamento ai 281 elettori (nonostante la sconfitta subita contro i 360 di Lomonaco), redatto il 2 aprile 1867 e intitolato Ai miei elettori del Collegio di Matera.
A ciò, Mazzario unisce la lettera assai critica inviatagli dal patriota Nicola Franchi di Pisticci (Al Signor Francescantonio Mazzario. Roseto Capo Spulico, e data alle stampe a Potenza per i tipi di Favatà nel giugno 1867), il quale lo accusa di aver gestito in modo poco dignitoso la propaganda elettorale. La perla, in questo caso, è la lunga risposta risposta Al signor Nicola Franchi. Pisticci, datata 21 ottobre 1867. È un capolavoro di prolissità, tale da sfinire qualunque avversario, colmo di citazioni manzoniane, bibliche e latine. Più un gustoso esercizio avvocatesco: la “dissezione” del la lettera di Franchi ai minimi termini.
Mazzario aveva denunciato nella sua propaganda elettorale il pessimo ordinamento del tesoro nazionale, e gli errori della pubblica amministrazione, «vera causa del disordine e quindi delle gravi imposte». Inoltre, ribadì che «l’incameramento dei beni chiesastici sarà sempre un potente aiuto alla nostra finanza», fece promesse solenni affinché fosse «celermente espletata la ferrovia dalla foce del Basento a Potenza, e da Potenza ad Eboli» e creati «dei consorzii per la costruzione di strade rotabili che vi avvicinassero (…) alle future stazioni della detta ferrovia».
Mazzario e le scuole
Nel 1869 Mazzario è Delegato Scolastico Mandamentale per il distretto di Amendolara e – assieme ai nobili Lucio Toscani di Oriolo, Lucio Cappelli di Morano e altri – denuncia la situazione dimessa dell’istruzione pubblica a ridosso dell’Unità d’Italia. Quindi sottoscrive una petizione finalizzata all’inamovibilità dall’impiego degli insegnanti, al miglioramento degli stipendi, all’assegnazione di pensioni di riposo, al riconoscimento del diritto di elettorato politico agli insegnanti e all’obbligatorietà dell’istruzione elementare per entrambi i sessi, per una determinata fascia di età.
Ma fu pure sua la proposta di radiare gli “allievi maestri” della scuola normale maschile e della magistrale femminile di Cosenza e di ridurre a un terzo i contributi comunali agli asili infantili di Cosenza, Paola, Mongrassano e Rossano, poiché già oltremodo gravanti sulla Provincia.
Mazzario contro l’Accademia Cosentina
Eletto all’unanimità vicesegretario del Consiglio Provinciale di Cosenza, Mazzario propose di tagliare il numero dei veterinari; di offrire un contributo di 6 mila lire per l’esondazione del Tevere (Vincenzo Dorsa gli controproporrà un contributo di sole mille lire: la cifra che verrà deliberata); un altro sussidio di 12 mila lire per l’impianto della succursale del Banco di Napoli in Cosenza (proposta, invece, approvata); e di far collocare la lapide in memoria di Ferdinando Balsano nel luogo del delitto (che verrà invece collocata all’interno del Liceo Classico).
Poeta per diletto – come si evince da alcuni incartamenti privati del 1872 e del 1874 – prese parte anche all’acceso dibattito sui finanziamenti alla Biblioteca Comunale di Cosenza. Infatti, il 17 novembre 1871, Francescantonio Mazzario propose la cessazione dell’assegno al segretario dell’Accademia Cosentina, «non parendogli che la Provincia ne abbia de’ vantaggi, essendo essa piuttosto una riunione letteraria privata». Ben centocinquanta anni fa.
La morte e la discendenza (illegittima)
Ammalatosi, Francescantonio Mazzario trascorre l’ultimo periodo della sua esistenza nel casino di caccia, oggi diruto, della Caprara, di Montegiordano, dove redige l’ultimo dei suoi testamenti. A distanza di quasi 120 anni dalla morte, il Comune di Roseto Capo Spùlico gli ha intitolato una strada del centro storico, a ridosso del palazzo di famiglia. Non si sposò e ufficialmente e non ebbe figli ma fu in realtà abbastanza prolifico nella sua meno nota discendenza illegittima. Variamente declinata.