Il primo ad essersene accorto, a inizio novembre, è un magazine australiano, il Crikey: su Adobe Stock sono in vendita immagini del conflitto israelo-palestinese realizzate con l’AI. E dunque, dopo la stagione del citizen journalism, quando Liberation titolava un famoso numero “Tous Journalistes?”, oggi con l’AI siamo finalmente tutti Robert Capa, reporter di guerra armati di prompt al riparo della scrivania di casa.
Stavolta però più che il trastullo personale con contorno di polemica – ormai stucchevole – sul suo essere o meno fotografia, oggetto della discussione è lo spostamento del confine etico. Il fatto cioè che quel trastullo, quella guerra immaginaria e immaginata secondo stereotipi strappalacrime simil-worldpress, diventi business sulla pelle di 15mila morti, dal momento che trova un mercato. Dai 33 centesimi ai 26,40 dollari all’autore ogni volta che l’immagine viene concessa in licenza e scaricata. Di fronte a questo avanzare veloce della tecnologia cui la riflessione etica e normativa non riesce a stare dietro, ci si chiede se intanto l’indignazione abbia una qualche concreta possibilità di moral suasion, pur avvertendo tutto il rischio della retorica.
Più in concreto, ci si augura che nessun organo d’informazione metta in gioco la propria credibilità con l’acquisto di tali immagini, unico argine ad una deriva di cui si renderebbe corresponsabile.
Quanto ad Adobe Stock, a differenza da un’agenzia giornalistica ha una natura puramente commerciale, ma tanto vale ad esimerla da ogni sorta di verifica, e soprattutto di responsabilità? Adobe dichiara di essere impegnata, tramite la Content Authenticity Initiative, nel promuovere l’adozione di credenziali di contenuto, un pedigree di provenienza che consente di sapere come un contenuto digitale sia stato catturato, creato o modificato, e quindi se sia frutto dell’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale. Nel frattempo sembra invece contribuire alla disinformazione, quella guerra nella guerra che già il conflitto fra Russia e Ucraina ci aveva mostrato nella sua veste social contemporanea, iniziata con la guerra di Crimea del 1855, la prima ad essere documentata fotograficamente ed edulcorata da Roger Fenton, reporter a contratto dell’esercito britannico.
Attilio Lauria