Dalla Polis alle metropoli, come cambia il destino urbano delle comunità

Il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Unical apre l'anno accademico dedicando il terzo giorno di dibattito al tema dei mutamenti che hanno travolto i centri urbani, dal senso dell'abitare i luoghi fino all'Intelligenza artificiale.

Condividi

Recenti

Sullo schermo dell’aula Caldora scorrono le immagini in bianco e nero dei biplani che passano audacemente sotto strade alte e sospese, sulle quali si inseguono veloci treni e automobili, tutto sovrastato da giganteschi grattacieli. E’ la città immaginata da Lang nel suo film Metropolis, del 1927 e per la verità subito viene in mente l’altra megalopoli, pure immaginaria ma non meno algida e disumana, quella del film Blade Runner, di Ridley Scott. Del resto la città, le sue trasformazioni, il suo rapporto potentemente simbolico con la modernità, sono stati i temi scelti per una delle tre giornate che il Dispes ha dedicato  all’inizio del nuovo anno accademico e il cinema è certamente il modo più adeguato per raccontare tutto questo. Tre giorni di discussione, per capire il presente, che è già invecchiato, e il futuro che si annuncia, con le lenti delle Scienze sociali, ma non solo. Ecco quindi la città multiforme, la spinta della modernità sul concetto di luogo abitativo, le radici e la marginalità delle aree calabresi. E se come appare evidente la città nella concezione attuale è il prodotto di una certa idea dominante di modernità, il mezzo migliore per raccontarla sono le immagini. “Il cinema è moderno, veloce e intenso come la città”, racconta Angela Maiello, docente di Critica digitale e Nuovi media. La scelta di sedurre i presenti con le immagini di Lang è sua ed è straordinariamente efficace per spiegare il rapporto emulativo tra cinema e città.

Il cinema e i media digitali per raccontare le città

Ma lo sguardo di Lang non è il solo stile narrativo, a questo la Maiello contrappone “L’uomo con la macchina da presa”, di Vertov. Obbligatoriamente pure in bianco e nero, il film ha uno sguardo più documentaristico, quasi antropologico, qui la città è quella reale, vissuta e attraversata dalle persone. I due modi di raccontare la città non potrebbero essere più diversi, con Lang immaginifico e Vertov affascinato dalla vita della gente. C’è un terzo capitolo nella narrazione che si è prodotta della città, ed è la forma più drammatica e attuale. Sullo schermo scorrono le immagini dell’attacco alle Torri gemelle. Questo evento, spiega la docente, introduce una novità: le storie vengono raccontate mentre accadono, il fatto e il suo racconto diventano inscindibili.  E’ la stagione del citizen journalism, in cui tutti sono dotati di dispositivi in grado di riprendere e riprodurre in Rete ciò che accade attorno a loro, e non è detto che sia una buona stagione, anche perché la città raccontata dai new media è anche una città iper controllata, in cui la vigilanza sociale è la cifra più rappresentativa. Qui il cittadino è al tempo stesso osservatore e osservato, sempre, come nel Panopticon digitale evocato da Byung Chun Han.

La “geografia intima” dei luoghi abitati: lo sguardo antropologico

Ma se i luoghi sono abitati dagli uomini, per coglierne la simbiosi servono le lenti dell’antropologo ed ecco le parole di Fulvio Librandi, docente appunto di Antropologia culturale, che suggerisce di cogliere il rapporto tra le persone e i contesti abitativi. Essi sono la “geografia più intima”, quella dalla quale non ci separiamo mai, perché i luoghi diventano come un abito indossato, un fenomeno culturale legato al corpo stesso. Il futuro che si annuncia è urbano, la crescita demografica riguarderà le metropoli, “alcune di esse sono già ora snodi strategici di informazioni, scambi finanziari, controllo politico, disegnando nuovi poteri” non sempre e non subito visibili, spiega Librandi. Le vittime sacrificali di questo futuro diseguale e tumultuoso, saranno le aree marginali e qui emerge prepotente la delusione per aver, forse ingenuamente, creduto che la globalizzazione avrebbe ridato fiato alle periferie, invece è accaduto il contrario, con una concentrazione che è funzionale all’economia, acutizzando le disuguaglianze.

L’ultima frontiera delle metropoli: l’Intelligenza artificiale.

Il corpo della città è multiforme e rappresenta un campo di indagine perfetto per uno sguardo che pretenda di essere interdisciplinare. A riproporre questa urgenza è un informatico in mezzo ai sociologi. Non è la prima volta che Gianluigi Greco, direttore del dipartimento di Matematica e informatica ed esperto di Intelligenza artificiale esplora universi complessi accanto a scienziati sociali con i quali condivide la visione per la quale l’interdisciplinarità che caratterizza il Dispes deve diventare uno spirito che attraversi il Ponte Bucci per abitare in ogni Cubo. Il tema della Polis e degli spazi abitati è troppo seducente per chi guarda alle città come frontiera della sperimentazione di servizi digitali. Così Greco racconta di città in cui già adesso alcuni servizi sono governati da forme di intelligenza non umana ma al servizio degli umani, fino ad esperienze avanzate in cui le città sono riprodotte interamente in forma digitale e dove si è in grado di valutare l’impatto dello spostamento demografico sui servizi e sulla loro efficienza. E’ vero che solo nei film di fantascienza le macchine sottometteranno l’uomo, ma intanto dare vita a un nuovo umanesimo non sarebbe male.

 

Sostieni ICalabresi.it

L'indipendenza è il requisito principale per un'informazione di qualità. Con una piccola offerta (anche il prezzo di un caffè) puoi aiutarci in questa avventura. Se ti piace quel che leggi, contribuisci.

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi in anteprima sul tuo cellulare le nostre inchieste esclusive.