Siamo quasi giunti alla fine di questo lungo anno in cui, in occasione del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, si sono moltiplicate le più disparate iniziative per celebrarne la figura. Tra i maggiori intellettuali del secolo scorso, è stato capace con la sua opera di suscitare ampi dibattiti nell’Italia edonista del boom economico. Leonardo Sciascia lo definì «personaggio fuori dal tempo». E Rossana Rossanda scrisse, all’indomani della sua morte: «Detestato da tutti in vita quanto ipocritamente compianto da morto, pronto a essere strumentalizzato da più parti».
È stato scoperto dalle nuove generazioni e riscoperto da chi, insieme con lui, aveva vissuto quegli anni di forti mutamenti antropologici, ma non era stato in grado di comprenderne completamente il messaggio.
L’omaggio del regista, scenografo e attore Giancarlo Cauteruccio per Pasolini è qualcosa di veramente sconfinato, intendendo questo termine nella sua accezione letterale di “penetrazione nel territorio altrui”, perché le periferie nell’immaginario comune sono considerate spazio “altro” e separato dal resto della città.
Cauteruccio, approda – traforando con effetti di luci, musica e parole – nei sobborghi, considerati corpi estranei rispetto ai più decorosi e curati centri urbani. Delle periferie, Cauteruccio, secondo una sua concezione artistica d’avanguardia, vuole evidenziare il cuore pulsante, spesso nascosto tra il degrado di un’edilizia che si allontana da ogni ideale di bellezza.
Un Cauteruccio “de borgata”
Pasolini ha saputo raccontare le periferie come nessun altro, trasformando i “borgatari” nei protagonisti dei sui racconti e dei suoi film. L’operazione di Giancarlo Cauteruccio si colloca da un punto di vista artistico-intellettuale in linea con il pensiero pasoliniano, con la differenza che il ruolo dei protagonisti è assegnato alle facciate fatiscenti dei caseggiati periferici, immagine di un sottoproletariato urbano che racconta sempre una storia di emarginazione. Il regista mette in scena un’operazione di teatro-architettura, un’estetica rappresentativa legata alle nuove tecnologie delle arti sceniche, capace di trovare nei luoghi urbani e naturali, quindi sconfinando rispetto agli spazi tradizionalmente intesi come aree delle rappresentazioni sceniche, i suoi palcoscenici ideali.
Cauteruccio, calabrese di Marano Marchesato, è uno dei registi più innovativi nell’area della seconda avanguardia teatrale italiana. Esplora nuove specificità linguistiche nella relazione con le moderne tecnologie, crea nuovi processi artistici in un confronto costante con lo spazio, il corpo e la parola. Quella di Cauteruccio è una poetica che si basa sulla commistione tra arte e tecnologie, riuscendo, grazie ai media digitali contemporanei, a intaccare l’esperienza della percezione sensibile. Si tratta di una sperimentazione avviata fin dagli anni ’70 del secolo scorso, con performance artistiche che hanno raggiunto New York e Mosca. E tuttora Cauteruccio mantiene un ruolo da protagonista nel campo del rinnovamento del teatro contemporaneo.
Teatro Studio Krypton
Per più di tre decenni ha diretto il Teatro Studio di Scandicci e nel 1982 a Firenze, con Pina Izzi, ha fondato Teatro Studio Krypton ancora oggi attivo e apprezzato a livello internazionale. Il regista è stato un pioniere del videomapping, attraverso il quale è riuscito a trasformare le superfici, sulle quali sono proiettate le immagini, in nuovi palcoscenici in cui nascono e si sviluppano nuove forme drammaturgiche, modificando la concezione dello spazio, rendendolo, grazie alla luce, plastico, una sorta di tela da dipingere con pennellate leggere.
Cauteruccio e Pasolini eretico
Dalla Calabria a Firenze, le facciate dei palazzi sono illuminate nel nome di Pasolini. Proiezioni di luci compongono parole che diventano “corpo gettato nella lotta” di nuove percezioni emotive. Una messinscena che non ha nulla a che fare con l’idea di teatro di Pasolini perché, come afferma lo stesso Cauteruccio, «Io non affronto Pasolini nella sua specificità teatrale, quanto nella sua condizione di “sconfinamento”. Pasolini sconfina nelle espressioni, nelle arti e nella sua visione complessiva della comunicazione. Affronta condizione estreme, radicalizzando il linguaggio. Dal cinema alla poesia, al suo rapporto con il dialetto, con la pittura, con la musica, con la politica, è tutto un rapporto di sconfinamento rispetto ai canoni tradizionali».
Il non-teatro di Pasolini
Sulla produzione teatrale pasoliniana Cauteruccio ha una visione in linea con una concezione di non rappresentabilità: «Il suo teatro, dal mio punto di vista, non si trasforma mai in una scrittura scenica, riuscendo a concretizzarsi, di fatto, solo da un punto di vista del puro esercizio di lettura. La scrittura rimane nel libro non riuscendo mai a confluire in quei nuovi concetti d’avanguardia degli anni ’60 e ’70». Il regista non porta in scena né Pasolini né le sue tragedie, ma “teatralizza” il suo concetto di Pasolini: «Affronto Pasolini dal punto di vista delle sue tematiche generali: lui ha una grande visione delle arti e della periferia e riesce a creare continue immagini, ma nel teatro la parola rimane ancorata a se stessa. Il suo modello è la tragedia antica, ma nel dialogo nega l’immagine ed io non mi riconosco in questo».
Luoghi sconfinati: da Catanzaro a Firenze
Realizzare l’idea dello “sconfinamento” per Cauteruccio è un’azione artistica fatta di effetti luminosi proiettati, un omaggio che si concretizza attraverso un’estetica estrema e, proprio per questo, in grado di raccontare la visione poetica, ma anche quella più strettamente intellettuale di Pasolini. «L’operazione “Luoghi Sconfinati” – afferma il regista calabrese – è partita nel mese di settembre da Catanzaro, ed è stata fatta come omaggio estetico. Si tratta d’immagini proiettate sulla facciata del teatro Politeama, un progetto di teatro-architettura che vede scenari visuali ed elaborazioni video proiettate sulla facciata del principale teatro cittadino. Una performance che, insieme ai testi e alle musiche, trasforma ogni passante in uno spettatore di un’opera immersiva».
Dopo Catanzaro il progetto si è trasferito a Firenze, sviluppandosi nei quartieri periferici della città. Le periferie vivono le contraddizioni dei luoghi estremi: gli assembramenti di una gioventù problematica e l’accavallamento di architetture prive di poesia. La criticità delle periferie risiede nell’assenza di bellezza, ma proprio grazie al teatro-architettura si può mettere in relazione l’aspetto materiale della periferia con quello visionario della poesia.
Ragazzi di vita
La periferia per Pasolini è un luogo poetico e, allo stesso modo, nelle nostre periferie possiamo riconoscere i “ragazzi di vita”, grazie alla multietnicità incontrare un qualche “Alì dagli occhi azzurri”. Lo stesso che Pasolini profetizzava nel 1962, anticipando gli sbarchi sulle spiagge di Palmi, Crotone e più in generale su tutte le coste che si affacciano sul Mediterraneo.
A distanza di mezzo secolo dalla sua morte possiamo affermare che la più grande eredità lasciataci da Pasolini è la sua straordinaria attualità. Era un uomo che aveva piena coscienza dei processi sociali in atto, capace di una visione profetica sul futuro. Ed è proprio questo che ci consente di mantenere con lui un dibattito aperto, vivo e non privo di contraddizioni.