Sono passati tre anni dalla sua scomparsa, eppure il ricordo di Umberto Casaula è ancora vivo, come un’eco che non si spegne, un’immagine che si staglia nitida nella memoria di chi lo ha conosciuto. Per molti, Umberto Casaula è stato un nome scolpito nella storia del biliardo italiano, un calabrese fiero che ha portato la sua terra sotto i riflettori nazionali e internazionali. Per me, però, è stato molto di più: è stato il mio professore di matematica e scienze, una figura che ha attraversato la mia adolescenza con la grazia di un gentiluomo d’altri tempi e la profondità di un pensatore solitario.
Casaula, il mio prof di matematica
Lo rivedo ancora, elegante come sempre, con il suo portamento raffinato e quella disponibilità che lo rendeva unico. Erano gli anni ‘80, nell’edificio della scuola media di Trenta, una contrada dell’attuale Casali del Manco in provincia di Cosenza, entrava in aula con un sorriso appena accennato, il passo lento e misurato, e in pochi minuti trasformava la lavagna in un campo di battaglia di numeri e formule. Ma non era uno di quei professori che si perdeva in spiegazioni interminabili: dopo aver tracciato l’essenziale, si voltava verso di noi, sceglieva uno studente e gli affidava la lettura ad alta voce di un capitolo di scienze. Poi, quasi come un rituale, si allontanava dalla cattedra.
Con una mano infilata in tasca e l’altra che reggeva una sigaretta accesa – una delle tante che lo accompagnavano come fedeli compagne – iniziava a passeggiare. Dall’aula al corridoio, avanti e indietro, il fumo gli sfuggiva dalle labbra in volute leggere, mentre i suoi occhi azzurri, profondi e magnetici, si perdevano nel vuoto. Sembrava disegnare traiettorie immaginarie nell’aria, come se la sua mente fosse altrove, forse già sul panno verde di un tavolo da biliardo.
Casaula, il campione conosciuto in tutto il mondo
Non era solo un insegnante, Umberto Casaula. Col tempo ho scoperto che dietro quel professore, dagli occhi celesti, di uno sguardo assorto si nascondeva una leggenda. Campione italiano di biliardo nel 1985 nella specialità dei 5 birilli, aveva calcato i palcoscenici più prestigiosi, come i campionati mondiali del 1987 a Milano. Negli anni ’90, il suo nome risuonava tra i 24 migliori giocatori al mondo, un riconoscimento che lo aveva portato nel circuito professionistico internazionale sotto gli occhi attenti dell’ormai spenta Tele+. La sua tecnica era impeccabile, la sua grinta contagiosa, la sua eleganza innata. Non era solo un giocatore: era un artista, un maestro che trasformava ogni colpo in una danza, ogni partita in un racconto. E quella passione, quel fuoco che lo animava, lo aveva trasmesso al figlio Aldo, che ne ha raccolto l’eredità diventando a sua volta un campione.
Ripenso a lui e mi colpisce il contrasto tra l’uomo che conoscevo e l’icona che è stato. In aula, con noi, era silenzioso, quasi introspettivo, ma sul tavolo da biliardo si accendeva di una vitalità che pochi potevano eguagliare. Quei momenti in cui lo vedevo perso nei suoi pensieri, con la sigaretta tra le dita e lo sguardo lontano, oggi li immagino come attimi in cui riviveva le sue vittorie, o forse progettava nuove strategie per il prossimo incontro. Era un uomo di poche parole, ma ogni gesto, ogni sguardo, parlava per lui.
Tre anni senza il prof Casaula
Tre anni senza Umberto Casaula pesano come un’assenza che non si colma, soprattutto per i suoi avversari compagni di gioco . Non è stato solo un campione, non è stato solo un professore. È stato un simbolo di dedizione, un esempio di come la passione possa intrecciarsi alla vita quotidiana, trasformando anche i momenti più semplici – una lezione, una passeggiata in corridoio – in qualcosa di straordinario. Oggi, mentre il fumo delle sue sigarette si è dissolto e il suono della stecca sul panno verde si è spento, resta il ricordo di un uomo che ha vissuto con intensità, lasciando un segno indelebile in chi ha avuto la fortuna di incrociare il suo cammino. E nei miei occhi, quegli occhi azzurri continuano a brillare, persi in un orizzonte che solo lui poteva vedere.