Cinquantasette detenuti che sognano di laurearsi dal carcere in Calabria. Sono i numeri che nell’anno accademico in corso delineano i tratti della parte meno nota del sistema di istruzione universitario calabrese: quella di chi si è rimesso a studiare con l’obiettivo di trovare sui libri un riscatto che galere troppo spesso sovraffollate non riescono a garantire. A fare da traino è il penitenziario “Ugo Caridi” di Catanzaro, che, sulla scorta di una collaborazione ormai consolidata con l’Università Magna Græcia, conta ben 26 aspiranti dottori.
Altri quattro che scontano la pena lì risultano iscritti all’Unical. L’ateneo rendese martedì ha festeggiato la prima laurea specialistica in Sociologia di un detenuto a Rossano, penitenziario nel quale a sognare il titolo sono in 12. Sei gli studenti Unical rinchiusi a Paola, tre – uno per carcere – quelli a Lauretana di Borrello, Vibo Valentia e Castrovillari.
La scommessa del penitenziario di Catanzaro
Due dei 29 detenuti che si sono laureati nelle patrie galere nel corso del 2021 hanno conseguito il titolo nel “Caridi”: Salvatore Curatolo a luglio, Sergio Ferraro a ottobre. Ma dietro le sbarre c’è anche chi non si limita a studiare e fa da tutor a quelli che per portare a termine il proprio percorso formativo hanno bisogno di una spinta in più. La collaborazione tra Magna Græcia e Unical in carcere a Catanzaro passa anche da una serie di seminari per gli studenti detenuti in Alta sicurezza.
I corsi sono di Sociologia giuridica e della devianza e Sociologia della sopravvivenza. I temi spaziano dal populismo penale alla giustizia riparativa, passando da violenza e diritto, prostituzione e pornografia, police brutality e tortura, terrorismo, lotta armata, resistenza e molto altro. È un’iniziativa mai sperimentata prima in Italia e tra i relatori ha visto anche il calabrese Giuseppe Spadaro, oggi presidente del Tribunale dei minori di Trento.
La Dad dietro le sbarre
Tutto si svolge in carcere, con i 16 detenuti coinvolti che diventano protagonisti di lezioni che poi arrivano in streaming ai cosiddetti “studenti normali”, tra cui quelli dell’Università di Bologna e di un liceo di Palermo. La Magna Græcia e il “Caridi” hanno così trasformato il freno della Dad imposta dalla pandemia in un’occasione per rendere fruibile all’esterno lezioni che i detenuti hanno svolto in presenza. Tutto nella massima attenzione alla tutela della sicurezza: i detenuti non possono interagire con gli altri studenti.
Quello di Catanzaro è comunque l’unico polo universitario penitenziario d’Italia nel quale i corsi rivestono carattere di ufficialità. Qui i docenti non sono più volontari del sapere, una delibera recentemente approvata dal dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Sociologia consente loro di sfruttare il tempo compreso nel proprio monte ore personale esattamente come quando insegnano in facoltà.
Carcere in Calabria: a Catanzaro la cultura è di casa
Non mancano le richieste di trasferirsi in questo carcere per soli uomini diretto da una donna, avanzate da detenuti che nel capoluogo calabrese vedono lo sbocco naturale del loro percorso formativo. Tra i 588 ospiti del “Caridi”, in effetti, la cultura è di casa. A puntarci è la direttrice Angela Paravati, a stimolarla il coordinatore del corso di laurea in Giurisprudenza, Andrea Porciello, e il delegato del rettore nella Rete per i poli universitari penitenziari, Charlie Barnao.
Dolci evasioni
Neppure il regime di Alta sicurezza 1 fa da freno. Anzi, chi esce dal 41 bis cede spesso al fascino dei libri e a Catanzaro trova gli stimoli giusti. Ma tra quelle mura c’è spazio pure per le ghiottonerie di chi, nonostante l’ergastolo ostativo, il suo riscatto l’ha cercato nei dolci. È il caso di Fabio Valenti, che nel profumo dei suoi dolci trova golosissimi momenti di evasione apprezzati dentro e fuori il carcere. È il pasticcere del penitenziario di Catanzaro e coi suoi manicaretti ha attirato pure l’attenzione del maestro della pasticceria Luca Montersino. Per iniziare gli sono bastate due pentole capovolte, il suo forno l’ha creato così.
Nelle 280 pagine del libro Dolci (c)reati, curato da Ilaria Tirinato ed edito da Città del Sole, c’è tutto il buono delle pratiche educative che aiutano anche chi ha trascorso in carcere 27 dei suoi 50 anni e sa che di avere dinnanzi il “fine pena mai”. La sua è un’altra storia di passioni assecondate e sostenute. Arriva anche da qui la scelta di dare i nomi alle sue ricette associando a ogni dolce un articolo del codice penale. Perché in fondo dietro le sbarre resta sempre la consapevolezza che ogni azione ha una conseguenza.
Antonella Scalzi