Sulla produzione musicale (composizioni, concerti, incontri) relativa al campo di internamento di Ferramonti di Tarsia in Calabria esiste ormai una letteratura sterminata. È stata promossa recentemente anche dalla frenetica attività di Roque Pugliese responsabile culturale per la comunità ebraica nel Sud della Penisola.

Da quando è iniziata la ri-scoperta di Ferramonti e dei fatti storici ad esso legati, in tanti si sono esercitati sulla ricerca storico-musicale, scientifica, musicologica. E le scoperte, i materiali e i nomi che ne sono emersi, le prospettive e gli orientamenti organizzativi degli internati che nell’ambito musicale si attivavano, sono anche visibili attraverso una visita alle stanze del Museo della Memoria a Tarsia.
Si tratta di fonti di interesse scientifico sicuro: materiali fotografici, partiture rinvenute in archivi privati e non solo, reperti che testimoniano la vivacità dell’attività musicale nelle cerimonie religiose della comunità ebraica nel campo. Una messe di informazioni raccolte col consueto rigore soprattutto presso il Cdec. E poi, incontri, concerti, confronti tra studiosi, che in questi anni si sono succeduti.

L’armonium del Papa a Ferramonti
In uno degli ultimi incontri al Museo Internazionale della Memoria, diretto dalla studiosa Teresina Ciliberti, e organizzati con il Comune di Tarsia, è stato presentato al pubblico un oggetto singolare quanto interessante, non solo per il significato simbolico ma pure per la sua destinazione pratica: un armonium che il Papa Pio XII aveva inviato a Tarsia perché venisse utilizzato per le cerimonie cattoliche e anche ebraiche. Ad intercedere era stato il cappuccino padre Calliste Lopinot, presente nel campo dal luglio del 1941 all’ottobre del 1944, una figura notissima che si spese molto per il dialogo interreligioso, ma anche per alleviare le sofferenze e modificare i destini di tanti internati.
Diario di un cappuccino di campagna
Una figura molto amata tra gli studiosi anche per la testimonianza storiografica imprescindibile che il suo Diario rappresenta e che molti considerano una delle fonti di maggior valore per la conoscenza della vita nel campo (anche della seconda fase di Ferramonti, dopo la sua chiusura nel ’43, che è oggetto di approfondimenti recentissimi negli studi di Teresina Ciliberti).
Grazie a Lopinot e al giornalista Weiger, che viveva a Roma, il rapporto interreligioso nel campo si aprì a una serie di conseguenze favorevoli, tra cui l’arrivo a Tarsia – nel giugno del ’42, dopo diverse peripezie ed un imballaggio inappropriato che ne compromise inizialmente l’uso – di un armonium dei costruttori Galvan di Borgo Valsugana. Lo strumento ha cinque ottave e dieci registri e si inquadra tra i modelli più fortunati della ditta trentina che, stando alle numerose testimonianze, si può dire godesse della fiducia del Papa (già alcuni esemplari erano presenti nelle stanze vaticane).

(Foto Archivio Fondazione CDEC, Fondo Israel Kalk)
Cerimonie cattoliche ed ebraiche
L’armonium sarebbe stato utilizzato per le cerimonie cattoliche ed ebraiche, ma il primo impiego fu quasi certamente il 29 giugno del 1942 per una Messa cantata per coro a quattro voci. Non è chiaro se nei successivi concerti tenuti nello stesso anno a Ferramonti sia stato previsto l’impiego dell’armonium. Certamente lo strumento è stato utilizzato per le cerimonie religiose della comunità e suonato dal maestro Kurt Sonnenfeld, il compositore forse più noto tra gli internati, dal direttore del coro Lav. Mirsky e da Bodgan Zins di cui si possiede qualche ritratto con la fisarmonica. E con buona certezza, dagli studi recenti (esiste un magnifico lavoro di Silvia Del Zoppo del 2018 presso UniMi, assieme al noto volume di Mario Rende), si può desumere che l’armonium abbia accompagnato il canto dei baritoni, Sigbert Steinfeld, Paul Gorin e Bruno Weiss e del tenore Rodolfo Marton che nel campo furono presenti a lungo.
L’armonium di Ferramonti suona pure Verdi e Wagner
Le figure dei chazzanim, cioè gli straordinari cantori in sinagoga (a Ferramonti le piccole sinagoghe erano tre), della loro abilità nella cantillazione nel campo, richiedono studi assai accurati: sappiamo, grazie alle annotazioni degli stessi internati, che i cantanti si esibivano in periodici concerti con brani di Verdi, Wagner e dei compositori lì presenti come lo stesso Mirsky, ma ancora poco sappiamo delle loro scelte rispetto ai te’ amim, piccoli segni che indicano il modello di realizzazione del canto secondo la tradizione (sefardita, romana, ashkenazita), durante i riti religiosi.
Ferramonti, insomma, ci apre ancora prospettive vaste e sorprendenti di studio, curiosità, spiritualità. E oggi il fatto degno di nota è che l’armonium, conservato nel convento dei Cappuccini a Castiglione, nei pressi di Cosenza, ritorna nel Campo dopo tanti anni per essere esposto ai visitatori e agli studiosi fino al prossimo settembre.
Viviana Andreotti