Sui musicisti calabresi è stato scritto, si può dire, in modo più o meno scientifico e interessante. In qualche caso in modo ridondante, in altri casi solo per un pubblico di esperti e studiosi. Talvolta si legge un nome sconosciuto che diventa subito gradito ai giovani ricercatori che ne fanno bottino per impreziosire gli studi. Negli ultimi due decenni grazie alla digitalizzazione delle risorse bibliografiche, anche le fonti più inaccessibili e rare sono state portate alla luce.
Per chi vive al Sud le due grandi Biblioteche musicali di Napoli e Palermo sono fonti inesauribili, ma pure il maestoso Museo internazionale e Biblioteca della musica di Bologna offrono gemme importanti della nostra produzione musicale. Studiosi e appassionati si ritrovano spesso in una corsa al dettaglio tecnico, al tassello mancante, al gossip storico-musicale da rintracciare nelle opere e nelle vicende che hanno segnato le vite dei musicisti. Cosicché, seppure non sia ancora la terra di Mozart e Beethoven, la Calabria fa registrare un interesse sorprendente per la musica dei secoli passati.
La musica di Achille Falcone
In questa temperie ipertecnologica non sorprende invece una figura che della tecnica contrappuntistica fece una sua cifra e un modello di smagliante distinzione, sebbene con poca fortuna. Achille Falcone era nato a Cosenza intorno al 1570 dal musico Antonio. Nel Dizionario biografico degli Italiani dell’Enciclopedia Treccani la voce Falcone è curata da Walter Marzilli, ma nel dopoguerra almeno due nomi storici della musicologia italiana hanno compiuto studi e approfondimenti sul compositore calabrese, si tratta di Ottavio Tiby e Luciano Bianconi. Il primo in alcuni articoli dedicati, tra il 1952 e il 1969, ai polifonisti siciliani, e il secondo in un importante studio del 1973 e un articolo del 1972 per la Rivista Italiana di Musicologia dal titolo Sussidi bibliografici per i musicisti siciliani del ‘500 e del ‘600. E infatti il giovane Achille Falcone fu maestro di cappella a Caltagirone e per lungo tempo si è pensato addirittura che fosse siciliano. La sua breve vita, invece, fu spesa quasi interamente a Cosenza dove, giovanissimo, era entrato a far parte dell’Accademia di Aulo Giano Parrasio fondata nel 1511.
Fu chiamato in Sicilia dove gli accadde una vicenda clamorosa e dolorosa insieme, che forse contribuì alla sua morte prematura, avvenuta quando era appena alle soglie dei trent’anni, il 9 novembre del 1600. Si tratta di una storia che offre dati storico-musicali, storiografici e musicologici di grande interesse ma che risulta, sul piano umano, assai deludente per chi ancora vede nella musica la lingua dell’armonia e del dialogo. Per certi versi una storia di grande attualità in cui prepotenza e arroganza, ipocrisia e doppiezza sono la cifra di strane conventicole musicali al servizio del signorotto di turno.
La sfida al pentagramma col protetto del vicerè
In realtà a quel tempo erano assai frequenti delle vere e proprie disfide musicali che vedevano contrapporsi virtuosi di uno strumento, cantori o compositori, e Falcone si trovò a duellare con Sebastian Raval, maestro della Real Cappella a Palermo e protetto del vicerè. Raval, spagnolo, nato a Cartagena nel 1550, era divenuto frate dell’ordine di San Giovanni di Gerusalemme dopo una gioventù che potremmo dire spavalda e avventurosa, e non era nuovo alle sfide musicali che lo vedevano sempre perdente (aveva già perso, tra le altre, una sfida a Roma col musico Nanini). Raval ci è raccontato ogni volta come un personaggio arrogante e permaloso ma soprattutto capace di covare un profondo livore nei confronti di chi musicalmente non lo riteneva competente. Un dato umano che con una certa sprezzante postura scientifica oggi è ritenuto secondario rispetto alla rivalutazione delle sue composizioni.
Come spiegano in uno studio Massimo Privitera e Maria Antonella Balsano (Musica sbagliata, Université de Poitiers, 2020), pare che un musico e letterato siracusano, tal Vincenzo Mirabella, gli avesse fatto notare degli errori nelle sue opere. Raval, subito alterato, lo sfidò chiedendogli chi fossero i suoi maestri. Mirabella fece i nomi dei Falcone, padre e figlio, e lo spagnolo iniziò a covare un profondo rancore, specialmente nei confronti di Achille. Incontratolo a Palermo, cominciò a provocare le sue reazioni favoleggiando di aver composto un madrigale a cinque voci con delle soluzioni compositive alquanto complesse. Alle perplessità di Achille rispose con la sfida: il vincitore avrebbe vinto un anello d’oro da mostrare ogni volta come trofeo.
Il contrappunto del cosentino
Achille che era animato da grande fervore per il contrappunto virtuosistico, possedeva una forte padronanza tecnica e un’alta vocazione per le complessità polifoniche più ardite: si lasciò coinvolgere, vincendo inizialmente nonostante alcune mosse infingarde dell’avversario, che aveva cercato di falsificare i manoscritti (relazione di padre Toscano del 18 aprile 1600). Purtroppo lo spagnolo, non contento, volle nuovamente affrontarlo, tappezzando – pare- i “pontoni di Palermo” con una serie di manifesti che chiamavano apertamente alla sfida il trentenne. Anche questa volta, il domenicano Nicola Toscano evidenzia gli inganni di Raval (seconda relazione del 26 luglio 1600). Ma Raval pretende con prepotenza un giudizio a lui favorevole.
La commissione, infine, probabilmente perché collusa e corrotta, dichiara vincitore ultimo il musicista spagnolo, come scrive il padre di Achille nelle sue memorie, e anche secondo quanto riportato da Giuseppe Baini, il musicologo che approfondì la vicenda tra Settecento e Ottocento. Una vicenda tristissima che durò alcuni mesi a partire dalla primavera del 1600 e che, con buone probabilità, influì sulla salute e sul benessere del giovane che tentò, rammaricato, un terzo grado di giudizio chiamando in causa alcuni musicisti romani.
La morte nella sua Cosenza
Rientrato a Cosenza, tuttavia, si ammalò e morì in autunno. Privitera e Balsano, non senza una punta di amarezza, fanno notare come nei concerti successivi il Vicerè chiamasse a raccolta tutti i musici che avevano contribuito al successo del proprio protetto, Raval. Fu così che il padre Antonio decise di onorare la memoria di Achille con la pubblicazione (1603) dei madrigali con i quali il musicista calabrese aveva partecipato alla sfida, accompagnandola con una cronaca della vicenda.
La produzione di Achille Falcone è giocoforza ridotta: perché è scomparso in giovane età e perché qualcosa si è perso nei secoli. Ci giungono un madrigale per tenore e basso continuo pubblicato in edizione moderna a cura del professor Bianconi, mottetti, molti brani polifonici (in un volume sono raccolti una quindicina di madrigali composti per varie occasioni e altri madrigali a 5 voci che aveva composto per la sfida). Ma pure ci giunge un senso di profonda amarezza per la perdita di un talento così giovane che avrebbe potuto dare alla città di Cosenza e alla Calabria grande risonanza, e perché questa vicenda si fa testimonianza di come sia facile per il potere capovolgere giudizi ed evidenze anche nell’arte musicale.
Viviana Andreotti